15.6.11

Pd. Voglia d'inguacchio.

Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema in Parlamento
Nel dibattito post-referendario da parte di non pochi esponenti del Pd si sente dire: “Berlusconi si dimetta! Il paese ha voltato le spalle al governo!”, ma sono assai meno numerosi quelli che dicono “Elezioni subito”. Ed alcuni, messi alle strette, sembrano preferire un inciucio o, se la parola non piace più, un inguacchio (governi tecnici, presidenziali, di tregua e quant’altro), del tipo suggerito da Casini, che consenta di fare una nuova legge elettorale in luogo di quella pessima oggi in vigore. Contemporaneamente dicono che l’alternativa di governo non c’è ancora, che stanno lavorando per prepararla.
La saggezza degli antichi vorrebbe che si battesse il ferro mentre è caldo e Lu Hsun consiglierebbe di bastonare il cane mentre annega, se non vogliamo che domani torni ad addentarci; ma i capi democratici sembrano preferire la dilazione.
La prima delle motivazioni addotte (“non si può andare a votare con questa legge”) è risibile. La ragione dice che con questo Parlamento l’approvazione di una legge elettorale nuova è praticamente impossibile: troppe e troppo contraddittorie le proposte, le esigenze, perfino all’interno dello stesso Pd. L’essere prigionieri del “porcellum” voluto da Berlusconi e dalla Lega – del resto – in caso di elezioni nel prossimo autunno potrebbe essere trasformato in una opportunità. Si potrebbero indire primarie vere (come quelle di Milano, Torino, Bologna o Cagliari) all’interno delle liste, in settembre, circoscrizione per circoscrizione alla Camera, Regione per Regione al Senato, per stabilire le teste di lista, sulla base di regole che diano spazio alla differenza di genere. Ciò segnalerebbe una netta discontinuità rispetto a pratiche di cooptazione che non sono state solo della Lega e del Pdl, ma anche del Pd e dell’Idv e  ci hanno regalato i Calearo e gli Scilipoti.
La vera motivazione del desiderio di rinviare la scontro è comunque la seconda, quella che nel lessico dalemiano si chiama “costruzione dell’alternativa” e che più concretamente significa la conclusione di un’alleanza con l’Udc di Casini e il Fli di Fini, legata all’antica fissazione del Baffino per cui l’Italia sarebbe un “paese di destra”. Ma quanto più si stringono simili alleanze, tanto più ci si inchioda al politicantismo, alle tattiche e ai giochi, ai compromessi deteriori con i potentati economici.
Pier Ferdinando Casini tra la moglie Azzurra
e il suocero Francesco Gaetano Caltagirone
Bersani dice di voler seguire un itinerario diverso, proclama di volere partire dalle “risposte” ai problemi che scaturiscono dalla crisi economica e dalle politiche nefaste del governo Berlusconi e di voler costruire sul programma una nuova alleanza riformatrice.
Dice di aver cominciato proprio dai problemi che sono stati al centro del referendum. Ha comunicato perciò che nei prossimi giorni sarà presentato un vero e proprio piano energetico senza il nucleare e ha fatto presente che in Parlamento c’è già una proposta Pd sull’acqua.
Il guaio è che la proposta in questione non consiste nel mettere un punto fermo sul ritorno al pubblico dell’intero ciclo dell’acqua, ma nel salvare, in forma pasticciata (la “gestione industriale della distribuzione”) pezzi di privatizzazione.
La cosa potrebbe far contento Casini e i suoi affini Caltagirone che sull’acqua potrebbero continuare a fare affari e agevolare l’alleanza con i centristi, ma sancirebbe il divorzio non tanto con Idv, Sel e Feds ma con la grande massa di cittadini che nel voto del 12 e 13 hanno scelto l’acqua pubblica senza inguacchi e non sopportano le prese in giro.
Spero che quello di questi giorni sia un errore rimediabile, frutto della difficoltà di cambiare ottica e linea per un partito che si è a lungo vantato di aver fatto le privatizzazioni sul serio (al contrario di Berlusconi, che veniva accusato di essere liberale e liberista per finta). Ma se così non fosse, se si tramasse il tradimento del popolo dei referendum come prezzo da pagare ai Caltagirone, ai Montezemolo, ai Della Valle, più ancora che a Casini, e si insistesse in questo gioco a perdere, c’è persino il rischio di rianimare il cadavere del Cavaliere e di perpetuarne il bunga bunga.

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