27.11.09

L'ideologia della guerra.


Su "la talpalibri ", il supplemento che usciva ogni venerdì con "il manifesto", il primo febbraio 1991, dopo la guerra del Golfo e subito dopo lo scioglimento del Pci, Domenico Losurdo costruì un percorso bibliografico e concettuale, che legava il ritorno delle ideologie della guerra sul finire del Novecento a quelle che, all'inizio del secolo, avevano preparato e accompagnato la prima guerra mondiale. Mi ripropongo qui di redigerne un sommario resoconto, utile a me come promemoria, forse anche ad altri.

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Proposizioni protonovecentesche

1) La guerra come dimensione autentica dell'esistenza.
Un filone, assai presente anche in Italia, in D'Annunzio, nei nazionalisti di Corradini ed in tutto il radiosomaggismo oltre che in Giovanni Gentile, trova le sue più compiute formunazioni in Germania, soprattutto nel libro di Werner Sombart Mercanti ed eroi. In esso all'agiata sicurezza che infiacchisce e involgarisce la guerra viene contrapposta la guerra come dimensione autentica, tragica ed eroica, dell'esistenza, come vero e proprio esercizio spirituale.

2) Il paradosso degli interventisti democratici
Ne è esempio Salvemini che proponeva agli Italiani un intervento non solo in nome della "democratizzazione dell'Austria e della Germania", ma con l'obiettivo di "una grande lega di nazioni, a cui partecipano l'Inghilterra, la Francia, la Russia e l'Italia, e quasi tutte le nazioni minori, sarà un esperimento pratico della federazione dei popoli: al principio delle alleanze offensive o difensive, si sostituirà irresistibilmente la pratica giornaliera della società giuridica fra le nazioni". Un suo articolo ha come titolo La guerra per la pace e comprende il seguente paradosso: "Occorre che questa guerra uccida la guerra".

3) Cinismo liberale e non.
Benedetto Croce è indicato come esempio di "cinismo liberale" tipico di chi vede la guerra come lotta inevitabile tra contrapposte volontà di potenza. E' la premessa delle giustificazioni che della guerra nazista darà il Terzo Reich. Prima come conquista dello "spazio vitale" e analogo europeo della dottrina Monroe (dottrina consacrata soprattutto da Carl Schmitt); poi, dopo l'aggressione all'Urss, come baluardo strategico dell'"umanità occidentale" contro la barbarie comunista ed asiatica.

4) La difesa della civiltà
Quest'ultimo elemento collega questa giustificazione a quella della "guerra di civiltà". Losurdo cita il Kaiser Guglielmo II che così nel 1900, al tempo della rivolta dei Boxers in Cina, aveva arringato così le sue truppe d'intervento: "Non ci sarà clemenza e non verranno fatti prigionieri. Chiunque cade nelle vostre mani, cade sotto la vostra spada (...) Comportatevi da uomini e la benedizione di Dio sia con voi. Le preghiere dell'intera nazione e i miei voti accompagnano ognuno di voi. Aprite le strade alla civiltà una volta per sempre.


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Filosofemi di fine secolo

1. Ceronetti e la banalità quotidiana.
L'aforismatico traduttore così scrive su "La stampa" del 27 gennaio 1991, citando Dostoevskij: "Una lunga pace, e non la guerra, imbestialisce e inferocisce l'uomo. Una lunga pace genera sempre la crudeltà, la viltà, un rozzo e grasso egoismo e, anzitutto, un arresto intellettuale". E accompagnando citazione con citazione ripropone uno Schiller che era caro al Sombart: "Nella pace l'uomo intisichisce, la quiete ozionsa è la tomba del coraggio".

2. Bobbio e l'Iraq
A Salvemini si richiama evidentemente Norberto Bobbio. Sul Corsera del 17 gennaio 1991. Giustifica l'intervento americano come "violazione del diritto internazionale" e attuazione del deliberato dell'Onu. Lo conclude con la frase: "L'Onu, fino a prova contraria, è stata istituita proprio per evitare le guerre". Altri opinionisti filosofi, Marramao e Maffettone, legano la guerra alla contrapposizione tra stati totalitari e stati liberaldemocratici con affermazioni categoriche del tipo "non è mai accaduto che uno stato democratico facesse guerra a un altro stato democratico".


3. Pax romana, pax americana
Non sono mancati anche questa volta i "realisti". La guerra all'Iraq nello scenario conseguente alla fine dell'Urss appare come uno strumento per imporre l'ordine e la tranquillità nel Medio Oriente e risolvere la questione palestinese. Lo scrive Passigli sul Corsera del 21 gennaio: solo il "predominare nella regione di una grande potenza" potrà mettere fine ai conflitti; "fu già così con la pax romana o con l'impero Ottomano".

4. Diritti e colonialismo
Losurdo riprende il discorso, già citato del Kaiser, per dimostrare come la dichiarazione ai cinesi di una guerra di civiltà e di civilizzazione, in sostanza di una guerra coloniale, sia attuata in nomr dei "diritti internazionali stabiliti da più di mille anni". Affermare la democrazia, ristabilire il diritto serve all'Occidente per affermare sul resto del mondo la sua superiorità etico-civile e con questa motivazione muovergli guerra.



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