28.11.09

Marilyn trent'anni dopo


1. Hollywood 1959
Camminavamo tutti in fila verso l'ingresso della 20th. Century Fox, giornalisti da tutto il mondo ma soprattutto "amici" che si erano ritrovati e riconosciuti nella grande carovana che accompagnava Krsciov attraverso gli Stati uniti. All'improvviso Marilyn Monroe, vestita sobriamente di nero e appena truccata, si staccò da Jack Lemmon per venirci incontro; e puntando scherzosamente il dito verso di me, tra la sorpresa dei miei compagni mi gridò: "E tu cosa ci fai qui!". Da quel momento non mi sarebbe più stata risparmiata alcuna battuta sulla mia "relazione segreta" con la diva del secolo.
Più tardi ho capito meglio come quel gesto affettuoso di Marilyn fosse un altro dei suoi disperati tentativi di rompere la solitudine pubblica e di recuperare in questa occasione un attimo di privata umanità. Nell'olimpo dei divi, in questa occasione, Marilyn si trovava a disagio. Aveva voluto essere a HollYwood ad ogni costo per "vedere" Krusciov, ma il 1956 era ancora troppo vicino e la sua casa di produzione non le aveva ancora perdonato di essere andata a Washington per solidarizzare con Artur Miller chiamato a deporre dinanzi al Comitato per le attività antiamericane.
Eppure aveva voluto prendere la sua rivincita, anche se durante la cena con il premier sovietico l'avevano fatto sedere in mezzo al pubblico e no al tavolo d'onore. Più tardi, rievocando la serata con Norman Rosten gli aveva detto con malizioso trionfalismo: "Quando Krusciov è passato tra noi e mi ha stretto la mano non mi ha detto niente. Ma mi ha guardato. Mi ha guardato come un uomo guarda una donna...".



E' l'inizio a mio avviso bellissimo, di un articolo scritto da Corsini per "il manifesto" del 5 agosto 1992 nel trentennale della morte di Marilyn Monroe.



2. 1962. La fine di un'epoca
Di quel 1962 il ricordo appare sempre più sfocato. Chi è nato dopo il 1950 non può capire "come eravamo", nè che cosa fossere Marilyn e quel mondo che oggi viene ricostruito e deformato da chi non c'era, o da chi si vergogna e si pente di esserci stato.
Nell'ultima strofa della poesia Chi ha ucciso Norma Jean il suo, il nostro mite e sensibile amico Norman Rosten si chiedeva profeticamente: "Chi dimenticherà per primo? Io, rispose la Pagina / che incominciava a sbiadire / io sarò la prima a dimenticare". Ma, come Norman ha scritto di lei, anche per noi di quell'epoca "ciò che sopravvive e ritorna è un sorriso, un cuore disperato e un'immagine che si illumina e che non scomparirà".



E' la chiusa dell'articolo di Corsini già citato.



3. Il sorriso e gli occhi della più grande attrice
"Io sorrido, ma i miei occhi sono morti". Discorso di compleanno di Marilyn Monroe, 26 giugno 1962 sul set di Something's Got to give. ...
Marilyn sa di essere un paradosso. Una incantevole illusione, che tira pugni nei corpo a corpo quando si tratta di stabilire il prezzo dei sogni. Lo fa e muove portando a compimento l'autodistruzione della divinità. Holliwood non avrà più il suo feticcio iperreale. E giorno per giorno la risuscita, Frankestein adorabile, nel tessere verità e bugie sulla sua vita e morta.
Una cronaca lunga trent'anni, come se la caccia all'inedito, al frammento inesplorato, alla foto necrofila, svelassero l'arcano di lei svampita e poetessa, cover-girl e psicolabile, nuda e intellettuale. Di Marilyn "volgare sculettatrice" (Negulesco) e "la più grande attrice del secolo" (Wilder).



Brani dall'articolo La bionda facile che uccise se stessa di Mariuccia Ciotta, nella stessa pagina de "il manifesto" 5 agosto 1992.



4. L'immagine bizantina di Warhol
... Warhol è riuscito a realizzare non "una immagine" di Marilyn (una interpretazione della sua immagine), ma "l'Immagine" della star, che può essere definita "assoluta". Il risultato è di una semplicità sconcertante, la quintessenza dello stereotipo: tutti (all'apparenza) sarebbero in grado di fare questo, ma nessuno l'ha fatto prima di lui. Lo stesso Warhol non riuscirà più a raggiungere la stessa intensità di fascino nei lavori dedicati ad altre star...
La foto è una di quelle realizzate da Gene Korman per la pubblicità del film Niagara, che Warhol ha tagliato riducendola al solo volto. Scelta con attenzione è anche, naturalmente, l'inquadratura frontale del volto, senza nessuna particolare caratterizzazione espressiva, che appare come pura evidenza della "maschera" ufficiale di Marilyn: i biondi capelli, la bocca rossa e gli occhi blu bistrati che guardano lo spettatore da qualsiasi posizione...
Per Warhol l'essenza, la verità, di Marilyn coincide con la superficie della sua immagine. Non c'è nulla dietro (ovvero tutto il resto, compresa l'esistenza fisica della star, è qualcosa di contingente, di relativo, di ufficioso). L'essenza di una star è in quello che si vede, è quello che hanno visto e vedono gli occhi del pubblico...


Sono alcuni stralci dall'articolo di Francesco Poli Una star circonfusa d'oro pubblicato nella stessa pagina de "il manifesto" e dedicata al capolavoro di Warhol.

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