12.12.09

Quarant'anni dopo. Da Pinelli a Bianzino, da piazza Fontana a Berlusconi.



- Manconi e il benaltrismo.
- Un corteo a Terni e un presidio a Perugia.
- La "giustizia di classe", le prescrizioni e le direttissime.
- Un fascio di poteri contro la Costituzione.

Nei primi giorni del mese, quasi alla vigilia della grande manifestazione contro Berlusconi che avrebbe riempito le piazze di Roma, Luigi Manconi scriveva su "l'Unità": "Nell’ultimo mese, mentre si preparava la manifestazione, io avrei voluto scendere in piazza per altre due ragioni, che avverto come urgenti e cruciali. La morte di Stefano Cucchi e le altre decine di morti anonime che avvengono nelle carceri, e la morte di Diego Bianchina operaio della Thyssen Krupp di Terni, ucciso dalle inalazioni di acido cloridrico". E aggiungeva: "Una manifestazione contro il premier non riassume di per sé quelle morti, non le fa immediatamente proprie, non le accoglie automaticamente tra le ragioni di mobilitazione. E, allora, perché tacerle, quelle morti? Non sono oggi, forse, al centro di tutte le contraddizioni del nostro sistema politico istituzionale e della nostra vita economico-sociale?". Non senza aver ricordato che la parola d'ordine BERLUSCONI è troppo semplice e ritmata, immediata e gratificante concludeva : "Va bene, benissimo, ma come ci ammoniva Bertolt Brecht compagni, parliamo dei rapporti di produzione. Alla Thyssen Krupp e a Regina Coeli".
Questa di Manconi è con tutta evidenza una classica manifestazione di "benaltrismo", una delle forme più insidiose di opportunismo. Per sminuire ciò che si fa e giustificare la diserzione si dice appunto:"C'è ben altro".
A guardarla dall'Umbria la storiella di Manconi (di cui pure va riconosciuto l'impegno appassionato sul caso Cucchi, attraverso l'associazione A buon diritto) perde immediatamente consistenza. Al corteo di Terni sulla morte di Diego Bianchina non c'era uno di quelli a cui "l'antiberlusconismo non basta". C'erano i Cobas che l'avevano organizzato e che a Roma il 5 non sarebbero mancati e c'erano (secondo il "corrierino" dell'Umbria) almeno duecento operai che non si erano accontentati del corteo. Si trattava, in grande maggioranza, di quei giovani che certe ricerche vorrebbero totalmente depoliticizzati ed estranei ad ogni idea di "classe". C'erano, infine, non moltissimi, donne e uomini di sinistra, di quelli che a Roma al NoBday non sarebbero mancati.
Del corteo ho letto un resoconto secco e bello di un generoso e onesto compagno estremista, Aurelio Fabiani, che qui riporto: "Siamo da poco tornati da Terni. In 500, in corteo, abbiamo attraversato le vie della città, operai delle acciaierie e tanti giovani. Partiti da Viale Brin, di fronte alla portineria della Thyssen Krupp, abbiamo raggiunto Piazza Valnerina, Piazza Tacito e attraversato il Corso fino a Piazza del Popolo. Un corteo che nessuno avrebbe voluto fare, per denunciare l’ennesima morte sul lavoro all’interno di uno degli stabilimenti della multinazionale tedesca dell’acciaio. A morire un giovane operaio di Terni, Diego 31 anni. Uno come i tanti che questa sera hanno partecipato a una manifestazione per lunghi tratti silenziosa; silenzio interrotto dagli applausi, rivolti ai quei negozianti che mentre passava il corteo chiudevano le saracinesche in segno di solidarietà. Praticamente tutti i negozi della via principale di Terni durante la manifestazione sono rimasti chiusi. Un solo slogan che di tanto in tanto tornava a rompere il silenzio: “non si deve morire di lavoro”. Un grido affinché di lavoro non si debba più morire, perché chi può e deve, faccia la propria parte per impedire che ogni giorno 4 operai in qualche parte d’Italia continuino a morire". A quel corteo i benaltristi ternani alla Manconi non c'erano.
Ieri a Perugia davanti alla sede del Tribunale di via XIV settembre si è svolto un presidio per impedire l'archiviazione del caso Bianzino. C'erano i ragazzi alternativi del Comitato "Verità e Giustizia per Aldo", c'erano in gran forze, con Emma Bonino, i radicali, c'eravamo gli attivisti di Libera, un gruppetto di Cobas con la bandiera, un po' di gente di sinistra. Un centinaio di persone in un giorno feriale (gli scioperanti "pubblici" della Cgil erano quasi tutti a Roma, per la manifestazione) a Perugia è un successo, anche se a "presidiare" l'altro Tribunale, per il processo di Amanda, erano in molti di più. In ogni caso non c'era nessuno dei benaltristi perugini alla Manconi.
Eppure la causa era più che giusta: un falegname libertario che coltiva per sè un po' di canapa viene preso nel suo casolare montano e portato sanissimo in carcere, per uscirne due giorni dopo morto, con ammaccature, lividi e lesioni interne. Poi le solite storie, lo scaricabarile di responsabilità, una telecamera nella cella che non funziona quando dovrebbe funzionare, le perizie e controperizie, un Pm, Petrazzini, che è lo stesso che ha autorizzato la perquisizione e l'arresto di Bianzino. Insomma una sensazione di già visto con il classico insabbiamento delle indagini scomode o, anche e peggio, con il depistaggio organizzato. A noi Bianzino ieri ha riportato alla mente Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico che, dopo la bomba in piazza Fontana, "precipitò" dal quinto piano della questura di Milano.
Una decina di giorni fa in un'affollato dibattito serale alla sala della Vaccara di Perugia questo legame era stato colto almeno in un paio di interventi. Si presentava l'agenda di "Magistratura democratica" e un libro di Bonini sulla polizia. Pepino del Csm rievocava gli inizi di Md, quarant'anni fa: il "caso Tolin" e la rottura con la tradizionale magistratura spesso ancillare verso il potere politico ed economico. Ricordava la testimonianza di Marco Ramat: "Quando uscimmo dall'assemblea dell'Anm che sanciva la rottura e ci trovammo per strada, non sapevo se avevamo fatto bene. Ne fui certo quando vidi che gli attivisti del Msi distribuivano dei volantini che della strage di piazza Fontana accusavano Magistratura democratica".
Bonini ha parlato invece dell'oggi, della morte di Stefano Cucchi e delle due giustizie, quella dei ricchi, con i tempi lunghi e le prescrizioni e quella dei poveracci, immigrati clandestini, tossicodipendenti, piccoli spacciatori, con le "direttissime". "I pestaggi degli imputati dei processi per direttissima sono abituali. Ai giudici si presentano spesso in condizioni pietose e questi fanno finta di non vedere". Pepino ha ammesso ed incassato, rivendicando tuttavia i progressi fatti in 40 anni sulla linea della Costituzione.
Noi siamo contenti che oggi ci sia, almeno in apparenza, una magistratura unita nel rivendicare indipendenza dal potere politico ed economico , ma in verità ci manca una Magistratura democratica che levi la sua voce contro la "giustizia di classe ".
Vogliamo dircela tutta? Con il nuovo governo del Cav il fascio di poteri violenti ed arbitrari, contro cui si ribellarono il 68 studentesco e il 69 operaio e che reagì con le bombe, sembra aver ripreso pigolo. Vorrebbero a tutti i livelli una restaurazione, nelle fabbriche come nelle questure, nei tribunali e nelle galere. Il forsennato attacco alla Costituzione, il razzismo implicito ed esplicito di tante leggi e proclamazioni, l'autoritarismo in fabbrica ce la dicono lunga: c'è un filo non interrotto tra Pinelli e Bianzino, tra piazza Fontana e Berlusconi. Oggi 12 dicembre è l'anniversario giusto per non dimenticare, per riflettere sull'ieri e sull'oggi, per organizzare la risposta democratica.

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