25.1.10

La rivoluzione gentile e il tramonto del bolscevismo (di Carlo Felici - da "Socialismo e sinistra")

Tra i commenti sul successo di Vendola alle primarie pugliesi, mi è sembrato particolarmente interessante questo di Carlo Felici da "Socialismo e sinistra", rivista on line dell'omonimo movimento, soprattutto per il suo spessore teorico.


Il bolscevismo nacque dall’assurda pretesa che un partito dovesse necessariamente essere formato da politici di professione, che si dedicavano all'attività politica senza avere altra occupazione, per avere come strumento e come finalità una struttura ristretta, compatta e disciplinata tesa alla conquista del potere.
Tutto nel bolscevismo è finalizzato alla costruzione di una efficiente macchina, guidata da “esperti”, che ha come scopo quello di fornire programma, tattica, strategia e strumenti organizzativi ad un proletariato che si ritiene incapace di utilizzare da solo e in senso partecipativo, le proprie energie e che, altrimenti, è destinato a disperderle in rivendicazioni o in rivolte senza alcuna prospettiva di successo politico.
Questa malattia infettiva del movimento rivoluzionario e proletario, che ha causato rovinose conseguenze storiche, a partire dalle conseguenze della Rivoluzione Russa, e proseguendo anche con le scissioni dei partiti socialisti europei, in particolare con quella italiana del 1921, pilotata proprio dai bolscevichi, è dilagata anche nell’ambito della cosiddetta democrazia rappresentativa. Molti partiti infatti, specialmente in Italia, dato che questo Paese è abituato ad una tradizione secolare di elitismo, ideologico e culturale, hanno adottato il modello bolscevico, costruendo al loro interno, delle vere e proprie nomeklature. Alcune autoreferenziali, in senso ideologico o affaristico, altre d’assalto, in senso spregiudicatamente oligarchico e timocratico. Se guardiamo alla storia recente dei grandi partiti italiani: PCI, DC e PSI, ci accorgiamo che il “difetto originario del bolscevismo” impiantatosi persino, a suo tempo, nel partito fascista costruito da Mussolini, e per questo guardato con simpatia da Lenin, si è mantenuto a lungo nel tempo, con la conseguenza di rendere la “carriera” nei partiti più la conseguenza di una “ginnastica di obbedienza” che non di meriti riconosciuti per capacità propositiva e impegno politico.
Anche oggi il bolscevismo domina il quadro della politica italiana, ed uno dei suoi maggiori interpreti di successo è proprio colui che ha fatto sempre professione di anticomunismo teorico, praticando invece un bolscevismo d’assalto, ritagliato sulla misura dei suoi interessi personali e di un partito costruito scrupolosamente in senso verticistico, per tutelarli.
La prova di tutto ciò è che i più liberali del suoi primi seguaci lo hanno già lasciato sdegnosamente, proprio accusandolo di stalinismo operativo.
Naturalmente questa malattia ha infettato anche la sinistra, fino ad oggi. E la vittoria di Vendola alle primarie pugliesi è invece una prima sana iniezione di salutare antidoto contro il suo endemico perdurare e propagarsi.
Vendola ha vinto grazie al concetto e alla prassi radicalmente opposti ad ogni tipo di bolscevismo: grazie al popolo, alle sue rivendicazioni e alla sua rivolta; ha saputo interpretare, concretizzare e rilanciare una politica corale, che fosse non lo specchio di una nomenklatura di potere tesa prevalentemente a mantenere la sua egemonia, ma piuttosto il riflesso trasparente delle speranze, delle aspettative e dei bisogni concreti della gente che crede nella democrazia, ed ha ancora fiducia che chi la rappresenta possa farsi carico del suo futuro, anche quando esso ci viene incontro con le nebbie fittissime di una crisi di proporzioni epocali.
Nichi Vendola ha sconfitto la rassegnazione e la depressione innanzitutto di se stesso, quando è stato fatto oggetto di attacchi indegni e strumentali, fino a metterlo concretamente in croce e inchiodarlo con accuse tanto assurde quanto velenosamente paradossali. Perché lui è stato accusato di bolscevismo, di una conduzione personalistica, di protagonismo assolutista, pur avendo sempre operato per far risaltare l’esatto contrario. La democrazia partecipativa, l’incontro con la gente, l’ascolto e la concertazione con tutte le componenti produttive del territorio e non ultima, una grande attenzione alle categorie più svantaggiate che sono sempre più respinte ai margini della società, finendo così inevitabilmente nel tritacarne della macelleria sociale.
Che Nichi Vendola abbia sconfitto anche il bolscevismo del PD è lampante, lo riconosce persino Latorre, dalemiano di ferro, a chiare lettere quando dichiara, almeno onestamente: “Da vecchio bolscevico non dirò mai che abbiamo commesso errori” E in effetti coloro che hanno sempre creduto in tale modello, non hanno commesso altro errore che quello di illudersi che di questa "malattia" si potesse tranquillamente continuare ad essere "portatori sani", per tutta la vita e per tutte le generazioni a venire.
Ma si sono sbagliati, e la gente ora impone loro una cura drastica “da cavallo”, naturalmente perdente.
I socialisti sanno bene cosa possa essere questa malattia, di fatto l’hanno subita negli anni del craxismo, quando il capo dettava le regole a tutti in nome di obiettivi effettivamente risultati vitali e vincenti, raccogliendo però, a tal fine, intorno a sé prevalentemente i docili esecutori delle sue direttive, e pagando per questo prezzi esorbitanti, scontando la realtà alla fine perdente, sullo stesso piano, di una competizione verso chi aveva già collaudato molto meglio quel modello, fino a mascherarlo talmente bene da farlo sembrare estinto.
Ma non lo era! E lo si è visto “nella gioiosa macchina da guerra”, nel veltronismo che ha annientato la sinistra e nel dalemanesimo che prova tuttora ad imporre un accordo “strategico” con una UDC che non fa altro che alzare il suo prezzo ed agire in maniera ricattatoria, mentre dovrebbe avere solo il coraggio di andare da sola con i suoi principi e la sua prassi, se ritiene autenticamente di averne
Alcuni compagni socialisti hanno abbandonato sdegnosamente Sinistra e Libertà accusando i suoi aderenti proprio di “bolscevismo” ma poi, di fatto, comportandosi in maniera perfettamente coerente con questa perniciosa patologia politica. Hanno preteso di “guidare” in maniera esclusiva il PSI, hanno epurato i compagni dissidenti e hanno privilegiato un accordo con i loro consoci “bolscevichi” del PD, che ora il popolo dei compagni pugliesi ha però screditato e sconfitto.
A questa vittoria hanno tuttavia largamente e validamente contribuito tanti altri compagni socialisti che non si sono mai rassegnati a tale modello, i quali ancora credono che il Socialismo debba essere un grande progetto di rinnovamento sociale e politico che nasce innanzitutto da una prassi e da una grande partecipazione democratica e cioè dall’incontro e dalla condivisione. Quella che mette in risalto due principi essenziali: lo scrupoloso rispetto della dignità personale di ciascun individuo, e la necessaria coesione del tessuto sociale in nome di regole e principi di solidarietà e responsabilità civile, morale e politica. Questi socialisti che hanno appoggiato la Vittoria di Vendola ora, e lo faranno ancora nel corso delle elezioni, hanno avuto il coraggio di dissentire e di partecipare attivamente all’assemblea costitutiva di Sinistra Ecologia Libertà. Si riuniscono il primo febbrario per costituire a tutti gli effetti la loro componente nazionale e ramificarsi in tutto il territorio, e sono fermamente decisi ad essere parte integrante e fondante del nuovo partito della sinistra che nascerà subito dopo le elezioni regionali.
Finalmente possiamo, proprio in nome dell’antibolscevimo, della cura e del vaccino definitivo nei confronti di questa malattia pluridecennale, dichiarare chiusa la stagione che, proprio a causa del dilagare dell’epidemia bolscevica, causò a Livorno la rovinosa scissione del movimento operaio e di una sinistra allora largamente maggioritaria.
Le parole del compagno Vendola che ha avuto lo straordinario coraggio di sperimentare su se stesso questo vaccino, con gravi rischi per la sua persona, ci incoraggiano e ci riempiono di entusiasmo assieme a questa recente vittoria.
Ricordiamole “il culto umanitario, il primato della persona e il primato della libertà personale che è nella variegata storia dell’umanesimo socialista italiano, non sta dentro la mia tradizione politica o culturale. Ho bisogno di loro per il futuro, ho bisogno di questo, ho bisogno di sentire la ricchezza di parole che si incrociano, perché dentro la parola sinistra ci sono discontinuità necessarie, equivoci da sciogliere e ambizioni nuove da far sorgere.”
Ebbene, caro compagno Nichi, con il tuo impegno, con la tua sofferenza, con il tuo sacrificio fino alla croce, proteso verso l’affermazione concreta nella politica del tuo territorio, proprio del primato delle persone e della loro libertà, specialmente quando sono state più emarginate e calpestate, hai dimostrato che non sei solo tu ad avere bisogno di noi, ma siamo anche noi ad avere un gran bisogno di te. Che le nostre parole e le nostre azioni oramai si incrociano indissolubilmente in un forte tessuto connettivo, che è quello della società reale concreta, della terra e del sangue della gente, un tessuto vivente, non astrattamente politichese. Un tessuto che può risorgere anche grazie alla resurrezione che hai avuto tu stesso, grazie a questa vittoria, dopo tante tue sofferenze.
Ora dunque pensiamo al futuro, alle discontinuità, agli ultimi equivoci da sciogliere, primo tra tutti il non senso della divisione tra le varie componenti della Sinistra, in primis, quella tra comunisti e socialisti. Dichiariamo insieme solennemente chiusa la scissione tragica di Livorno.
Lavoriamo alacremente insieme al PD che crede fermamente nei principi per cui quel partito nacque e per i quali adottò il metodo delle primarie, di cui dobbiamo in ogni caso essergli tutti molto grati, lottiamo per vincere, per affermare non solo su scala regionale ma nazionale, un nuovo modello di democrazia partecipativa.
Senza più rancori né divisioni ciascuno faccia la sua parte, la sinistra deve dimostrare di poter vincere in nome dei suoi principi largamente condivisi, non più nascondendosi dietro maschere o paraventi di altri partiti o personaggi che non hanno condiviso e sofferto la sua storia, e pongono insormontabili paletti per il futuro. Non deve ghettizzarsi, ma cercare di incalzare le altre componenti politiche su programmi e valori e iniziative concretamente innovative e, solo grazie ad esse, convergere in una vera lotta tesa al rinnovamento politico.
Credo, senza tema di smentita, che una vera “rivoluzione gentile” sia iniziata in Italia, essa ci fa sperare, “etiam spes contra spem”, essa ha bisogno del contributo, della gentilezza e della generosità di ciascuno; sono germogli che vanno curati, innaffiati, ogni giorno, piantine che però possono diventare una foresta lussureggiante, se non ci lasceremo più bruciare dal particolarismo dei rancori e degli interessi contrapposti.
La nostra acqua, almeno questo è certo, non la privatizzeranno mai.
Hasta la victoria, siempre!

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