Maestra unica
Sì, signorina
"Quali di questi miei bimbi sono ritornati volentieri alla scuola dopo i due lunghi mesi delle vacanze?" – domandò la maestra (una signorina giovane, giovane) dopo che gli alunni ebbero posto nei banchi distribuiti in bell’ordine nell’aula ampia imbiancata di fresco.
Nessuno rispose a questa domanda così semplice.
La signorina attese un poco, guardandosi intorno meravigliata di quel silenzio. Poi riprese: “Ho capito: quasi tutti rimpiangete i bei giorni trascorsi nell’ozio e nei divertimenti, ed io non vi ispiro ancora abbastanza confidenza perché possiate dirmelo francamente.
Eppure vedete, ragazzi, bisogna dir tutto alla maestra che sa tutto comprendere e tutto perdonare. Se mi aveste detto:-“Signorina, si stava tanto bene al sole, all’aria, senza preoccupazioni di lezioni e di studio…” – io non vi avrei rimproverato perché so che i bimbi hanno bisogno, molto bisogno di saltare, di correre, di muoversi. Ma vi avrei solo avvertito che il divertimento non può durar sempre, perché pure i fanciulli devono lavorare e studiare. Qui nella scuola imparerete tante cose belle: a leggere bene, a scrivere i vostri pensierini, a far dei conti, a cantare…”.
Una vocina, dal fondo dell’aula, fece udire una esclamazione di meraviglia: “A cantare?”.
Gli alunni si volsero per guardare con curiosità il compagno che aveva ardito aprir bocca. Era un piccolino ricciuto che, coi gomiti appoggiati sul banco e i pugni stretti alle tempie mostrava d’interessarsi assai alle parole della maestra.
“Sicuro – continuò questa – anche a cantare. E le bambine impareranno a cucire e a far la maglia con sveltezza. E i maschietti lavoreranno col filo di ferro, col legno, col truciolo e porteranno a casa tanti oggettini belli e utili. Poi andremo fuori a ricrearci ogni tanto e allora mi piacerà vedere chi sarà più bravo alla corsa e chi più attento e svelto ai giochi che io insegnerò".
Gli alunni erano confusi. Avevano creduto di doversi rinchiudere in un luogo di noia continua, di sacrificio, di pena, ed ecco che la maestra parlava quasi più di divertimento che di studio.
“Io non voglio mancare neanche un giorno” – dichiarò un tale che proprio quella mattina si era fatto tirar le orecchie dalla mamma per la sua ostinazione a non volere ritornare a scuola.
“Ed io vorrò tanto bene ai bimbi che saranno assidui e buoni. Vedrete che formeremo come una famiglia. Io sarò la vostra mammina e voi sarete i miei pargoletti: vi accarezzerò, vi incoraggerò e vi punirò forse anche talvolta, ma con grande dispiacere e soltanto per il vostro bene. Per me voi sarete tutti uguali, tutti ricchi, tutti belli, perché devo e voglio amarvi tutti allo stesso modo per essere altrettanto amata da voi. E ricordatevi di trattarvi come fratelli: non invidiate il compagno più bravo, ma imitatelo; non fate dispetti a chi può contrariarvi; non alzate la mano su chi può offendervi; non riportate le mancanze di un monello per il gusto di vederlo punito; tutto ciò sarebbe prova di animo cattivo e io invece voglio che i miei scolari siano buoni, buoni, buoni. Penserò io a castigare quelli che si rendessero indegni del mio e del vostro affetto. Ed ora ditemi francamente: “Vi piacciono le mie promesse? Verrete a scuola volentieri”.
Questa volta gli alunni risposero tutti e tutti a un modo: “Sì, signorina”.
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Monicelli e Armandi, Scintille, La scolastica, Ostiglia, 1913
Jacopo Manna mi invia, per posta elettronica, un commento su questa lettura protonovecentesca, che volendieri colloco qui nella sua sede naturale.
RispondiElimina" 'Ed io vorrò tanto bene ai bimbi che saranno assidui e buoni'. L'insegnante degno di questo nome dovrebbe interessarsi soprattutto a quelli che non sono né buoni né assidui (è TANTO difficile riuscirci, ma la strada è comunque quella). Su "Micropolis" parecchio tempo fa venne raccontata la storia di una ragazza romena (e quindi, per l'epoca, extracomunitaria) che, studentessa al "Pieralli", rischiava la perdita dell'anno scolastico causa espulsione dei genitori. La scuola si era opposta, motivando fra l'altro la propria solidarietà all'allieva col fatto che aveva un ottimo profitto scolastico. Voi di "Micropolis" facevate notare che, anche se il suo profitto fosse stato cattivo, sarebbe stato ingiusto lo stesso espellerla. Ho sempre pensato che andavate contro il senso comune; e che avevate assolutamente ragione.
'vi punirò forse anche talvolta, ma con grande dispiacere e soltanto per il vostro bene. [...] Penserò io a castigare quelli che si rendessero indegni del mio e del vostro affetto. Ed ora ditemi francamente: “Vi piacciono le mie promesse? Verrete a scuola volentieri?'.
Chi avrebbe il coraggio di 'dire francamente' quello che pensa, di fronte a una autorità che non solo ti sanziona fisicamente, ma anche MORALMENTE ("indegni del mio e del vostro affetto")? La maestrina del 1913 sarà stata sicuramente meglio delle sue colleghe contemporanee, spesso manesche e rozze, ma gli elementi "non del tutto negativi" di questo brano sono infinitamente inferiori a quelli che si trovano (per adesso) in una elementare italiana di oggi. La nostalgia passatista è una brutta bestia: proviamo almeno a rimpiangere solo le cose in cui non abbiamo progredito".