Ho ascoltato a Radio Radicale una lunga conferenza stampa di cui riporto il link:
Parlavano genitori, congiunti, avvocati di persone morte in carcere o di carcere. Le storie, orribili, mi hanno commosso fino alle lacrime.
Mi sono chiesto che cosa sia diventato il carcere in questo paese, perché così spesso la detenzione (anche di persone in attesa di giudizio) diventi una condanna a morte. La cosa più orribile è ascoltare dell’insensibilità di agenti, medici, infermieri, magistrati, dirigenti, ministri, deputati. E’ gente come noi, sono persone che hanno genitori e figli, che amano e si divertono, si annoiano e si ammalano. Ma di fronte alle domande stringenti e angosciose di chi non ha più il figlio, la figlia, il fratello, la sorella, di chi giustamente chiede conto, svicolano, imbrogliano, si nascondono, non rispondono, archiviano, insabbiano. E non si vergognano. E riescono a dormire.
Sono persone normali anche quelli pensano che, in fondo, i carcerati se lo meritano. Quelli che dicono che per i delinquenti non si possono usare tante garanzie, che non c’è un soldo per le brave persone, figurarsi per gli altri. E quando apprendono che il detenuto malato, anche grave, viene spesso lasciato senza cure, nicchiano. E se scoprono che spesso il detenuto malato viene visitato tre giorni dopo, e per di più in fretta e in furia, si dicono: “Che cosa pretendono questi criminali? Anche noi aspettiamo due mesi per una visita specialistica e siamo persone per bene”. E’ tutta gente che si considera normale, brava e buona, che si preoccupa per l’avvenire dei figli e per la propria salute. E riesce a dormire.
Forse sbaglio, ma abituato a ragionare in termini politici mi chiedo: come è diventato questo paese? come pretende di chiamarsi civile e democratico, umano e cristiano? e io, come resisto a viverci senza ribellarmi, senza gridare, senza impazzire? E poi: è diventato così o lo è sempre stato? E ci eravamo illusi di averlo cambiato in meglio? E c’è qualcosa che si possa fare in questo regime odioso, corruttore e manipolatore? Ed è così solo qui in Italia, o dappertutto?
Ora come ora non trovo risposte. Mi sento solo di gridare la mia rabbia.
I giovani, non tutti ma molti, fuggono da questo paese imbarbarito, e vanno all'estero a lavorare. Io che non posso andarmene mi difendo evitando di accendere la tv e rintanandomi su internet (virus permettendo) nel tentativo di sottrarmi alla violenza dell'immagine, ma il degrado morale, l'ingiustizia, le ruberie, "i furbetti" mi assediano. Non ho ancora imparato a stare zitta, a farmi i fatti miei, a ignorare il dolore degli altri. A Milano ho fatto parte delle commisssioni che facevano gli esami ai detenuti di San Vittore.
RispondiEliminaE' stata un'esperienza durissima, non ero mai entrata in un carcere, non avevo idea di cosa potesse essere e molte colleghe presentavano un certificato medico. Altre, però, tenevano dei corsi, come volontarie, ai detenuti. Milano era così: una citta "estrema" in ogni sua manifestazione, difficile
faticosa, pericolosa ma viva.
E San Vittore viveva tutte le contraddizioni della città, se possibile, esasperandole...