21.3.10

Mammane e cucchiai d'oro. Il ritorno della caccia alle streghe.

Il 12 novembre del 2009 “La Stampa” pubblicava una raccapricciante inchiesta milanese, di Elena Lisa. Leggiamone l’inizio. “Di quanti mesi sei? Ce l’hai venticinque euro? Cinque del pomeriggio, attorno alla Stazione Centrale di Milano e nei sotterranei della metropolitana non serve sprecare molte parole. Basta accarezzarsi la pancia e accennare a un “problema”. Inutile cercare visi loschi, imparare codici particolari o segnali stabiliti. Per agganciare chi possa offrirti la “soluzione” e bloccare la tua gravidanza è sufficiente camminare un po’, guardarti attorno, fermare le persone che sembrano aspettare qualcosa o qualcuno. Poi ti sfiori il ventre e spieghi: “Sono incinta. Puoi aiutarmi?”. E le offerte arrivano, pastiglie da prendere a manciate o indirizzi di medici compiacenti: “Bravi, italiani, fanno tutto a casa loro”. Nel centro di Milano, in mezzo alla gente, in un pomeriggio qualsiasi. La soluzione più economica si chiama “Cytotec”, un farmaco contro l’ulcera che preso a dosi massicce provoca le contrazioni fino a provocare l’aborto. In farmacia, la confezione da trenta costa meno di quindici euro. Qui ne vogliono venticinque per cinque pasticche che passano di mano in mano, ma se sei clandestina e non hai documenti da mostrare all’ospedale le alternative non sono poi molte. Ma anche per le altre, le “regolari”, magari italiane, la tentazione può essere forte”.

Il racconto di Lisa parla dei tanti aborti, dichiarati “spontanei”, negli ospedali milanesi e cerca i percorsi di codeste “scelte” avventurandosi tra piazzale Loreto e la Stazione Centrale e fingendosi alla ricerca di un aiuto. A lei diranno: “Per te è meglio un dottore. Se non fanno effetto, all’ospedale ci devi correre comunque. E poi tu sei italiana, non rischi niente. Se vuoi ti do il numero di uno bravo, che non chiede molti soldi. In quattro ore e con 1.500 euro sei come prima. Ti fa una puntura nel braccio, ti schiaccia la pancia. E quando ti svegli è tutto finito”. In ogni caso, nel giro di un’ora è riuscita a organizzarsi un aborto.

Già l’indomani dalla uscita dell’articolo la Procura di Milano e i Nas annunciano inchieste. La polizia milanese si concentra sul fenomeno. Spunta un “ambulatorio itinerante”, una vera clinica degli orrori, a Quarto Oggiaro, in quella zona della periferia meneghina che oggi chiamano Chinatown. Qui il costo è basso, 300 euro in tutto, ed è riservato quasi esclusivamente a mamme orientali. Viene infine alla luce un fiorente commercio clandestino via rete della Ru486, la pillola abortiva che tanti ostacoli incontra.

La Lisa torna sul tema su “La Stampa” il 20 con un articolo dal titolo L’orrore delle “mammane”: un fantasma che ritorna. Questa volta il campo d’osservazione è l’intero Nord: oltre a Milano Rovigo, Padova, Torino. Dalle sue interviste a medici, studiosi, rappresentanti di associazioni femminili o di immigrati sembra venire alla luce un fenomeno ampio, che coinvolge 20 o 30 mila donne in tutta Italia, specie nel Nord. Sono immigrate, sono donne confuse che hanno superato i tre mesi di gestazione, sono minorenni. E il fenomeno è dato in aumento. Una spiegazione “tecnica” la danno le tabelline che il giornale torinese pubblica, che sintetizza le disfunzioni della 184; vi spiccano i tanti medici obiettori (il 72%) e i pochi ospedali in grado di assicurare la continuità del servizio di interruzione della gravidanza (solo 4 su 10). Ma penso che alla base di questi rinnovati orrori ci siano ragioni più profonde: le libertà avanzano o arretrano tutte insieme e il nostro appare un tempo di regressione. Che di questo si tratti ce lo dice anche uno degli intervistati di Lisa, volontario di una associazione per i diritti dei migranti: “Anche se sono informate sulla 194, agli ospedali non si avvicinano perché hanno paura di essere denunciate. Hanno paura tutte, anche quelle regolari che non hanno niente da temere: in Italia, il clima è da caccia alle streghe”.

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