5.4.10

Dal "Quaderno" di Leonardo Sciascia. Il tabuto di madame ("L'Ora", 12 dicembre 1964)

La collaborazione di Leonardo Sciascia con “L’Ora”, il quotidiano palermitano della sera, cominciò nel 1955 con un articolo dedicato a Miciu Tempiu, un poeta libertino catanese e, attraversando indenne fasi di aspra polemica politica tra lo scrittore e il Pci, si concluse nel 1989, pochi giorni prima della sua morte, con la recensione di un libro su Giuseppe Antonio Borgese. Mario Farinella, storico redattore del giornale, racconta: “Quando il giornale gli chiedeva un articolo, una nota, un commento, pur nelle fitte giornate del suo lavoro e dei suoi molteplici impegni, non mancava mai all’appuntamento. Veniva lui stesso, arrivava in redazione quasi di soppiatto e come preoccupato di mostrarsi il meno possibile, di rimpicciolire la sua presenza. Lentamente estraeva dalla tasca il foglio piegato in quattro: “Non so se va bene, vedete voi”, era la sua formula d’uso”.

Dal 1964 al 1968 Sciascia fu titolare di una sorta di rubrica, Quaderno, che senza periodicità rigida (da una a quattro uscite in un mese) trovava posto nel quotidiano, formata da brevi note di politica, costume, storia, arte o letteratura, in cui Sciascia metteva alla prova il suo peculiare scetticismo, la sua attitudine usare la sua straordinaria intelligenza critica per fare a pezzi i luoghi comuni. Pubblicherò alcune di quelle note, cominciando da questa pubblicata il 12 dicembre 1964, scaturita insieme ad altre da una delle sue visite nell’amata Parigi. (S.L.L.)

Il tabuto di madame

Una mostra che, in questi giorni, a Parigi si può visitare con profitto da parte nostra, di noi italiani di solito a Parigi svagati dietro squallide cose, è quella di René Magritte, un pittore surrealista che qui conosciamo di nome o attraverso qualche riproduzione. E’ una mostra deliziosa: e non sembri fuori posto questo aggettivo, ché se l’idea corrente del surrealismo generalmente si fonda sul Dalì di quel periodo (che riaffiora nelle illustrazioni del “Don Chisciotte”, che viene pubblicando il settimanale “Tempo” e che però sono, bisogna riconoscerlo, a livello più alto di quelle dei “Promessi sposi” di De Chirico), il surrealismo di Magritte é di ben altra astrazione ed educazione. Intanto, Magritte ha una qualità che nessun altro surrealista possiede: una fondamentale, squisita, letteratissima ironia. Non è dunque l’artista che si abbandona agli automatici dettati dall’inconscio, quale per definizione è il surrealismo: è lucido, distaccato, consapevole, con una inclinazione allo scherzo quale da noi, ma in diversa misura e qualità, aveva Leo Longanesi; e con un amore al paesaggio e agli oggetti che, per quanto filtrato e rarefatto, è tuttavia vivissimo e dà respiro al suo mondo. Il suo gusto alla parodia è straordinario: irriverente, ironico, e con una punta di terrore. Tanto per fare un esempio: il quadro che s’intitola “Perspective. Madame Récamier de David”. Ritengo sia noto a tutti il ritratto neoclassico che il pittore David fece della sinora Récamier, neoclassicamente vestita e in neoclassica posa assisa su un sofà. Ebbene, Magritte rifà tale e quale il sofà: ma al posto della bella signora mette un tabuto, un bel tabuto neoclassico piegato allo stesso modo che, nel quadro di David, il grazioso corpo della signora. E’ una parodia, uno scherzo: ma mette un certo brivido. E così gli altri suoi quadri: che hanno una luce di idillio, una predominante azzurrità con candide e rosate efflorescenze di nuove; ma sempre un centro in cui figure ed oggetti – levigati, precisi – coagulano il senso della solitudine, della pazzia, della morte.

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