30.4.10

"Dall'ombra alla luce". Un libro di Lanfranco Caffarra. (da "micropolis" - aprile 2010)

Quella postata sotto è la scheda del libro di Lanfranco Caffarra pubblicata nel numero di aprile 2010 di "micropolis". Vivamente lo consiglio: incidentalmente parla anche di me (S.L.L.).

Libri

Lanfranco Caffarra, Dall’ombra alla luce. Ricordi, incontri e percorsi di un ragazzo del secolo scorso – Morlacchi Editore, Perugia 2009

Il volume è una sorta di autobiografia, corredata da un’appendice documentaria, notevole nella parte fotografica. Ne è autore un insegnante di Diritto ed Economia negli Istituti tecnici nativo della Campania, che vive a Perugia da oltre trent’anni e tuttora vi risiede. Una falce e martello sbiadita su un muro scrostato segnala in copertina una identità politica, indirettamente rivendicata anche nel sottotitolo: quel “ragazzo del secolo scorso” allude all’autobiografia di Rossana Rossanda. E’ l’identità di un comunista che, tuttavia, appare altrettanto orgoglioso della qualifica di “cane sciolto”: “Ho evitato di intrupparmi in esperienze che richiedessero un’adesione totale a qualche credo, non ho mai frequentato parrocchie e non mi sono mai iscritto a un partito. A parte quella della Cgil, non ho nemmeno avuto alcuna tessera di appartenenza a qualsivoglia associazione”.

Una delle fedeltà più fortemente dichiarate è al “manifesto”, il giornale dalla parte del torto, “la cui lettura ha accompagnato i miei ultimi quarant’anni”. Le altre (l’ordine è casuale) sono la scuola e la cultura, le radici campane con gli annessimi tenacissimi affetti familiari e amicali, Gilda che gli è compagna da una vita, il calcio con le sue gioie e i suoi dolori.

Se il libro di Rossanda (insieme a una sorta di proustiana illuminazione di cui racconta in premessa) è uno degli stimoli alla scrittura ed anche un esempio, il modello viene qui in un certo senso rovesciato. Caffarra, infatti, non si affida solo alla memoria, ma verifica e controlla; Caffarra scrive per i nipoti (e pensa agli alunni che da pensionato ha lasciato), perciò spiega tutto quello che altri darebbero per scontato; Caffarra vive e racconta la storia della sinistra dal basso e da quel punto di vista rappresenta il sindacato e i cobas, la regressione e la difficile rifondazione di una sinistra politica e sindacale. Si impegna poco nel raccontare direttamente dei suoi propri pensieri, riflessioni ed impressioni, ma guarda soprattutto fuori, al mondo. Alle persone innanzitutto, parenti, amici, colleghi, alunni, che nomina uno per uno e a cui dà corpo e vita dando nome. Ai luoghi: la nativa Maddaloni, la Roma del primo viaggio, Torino, Perugia. Ai fatti privati e pubblici: familiari e amicali (nascite, morti, matrimoni); politici e sindacali; culturali e di costume (i film importanti, i libri, il calcio). Il tutto con una precisione e una meticolosità da inventario e una scrittura semplice e colta, didascalica si direbbe. Questo apparente culto della “datità”, questo “oggettivismo” non produce affatto un impressione di freddezza, ma riscalda l’altrui ricordo. Accade così, per esempio, leggendo il sintetico resoconto di memorabili partite di calcio della Nazionale. E alla fine, dall’insieme degli oggetti, emerge prepotente anche il soggetto, la forte personalità dell’autore, la sua inesauribile passione per la vita.

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