4.6.10

Dal "Quaderno" di Leonardo Sciascia. Del tradurre ("L'Ora", 15 gennaio 1966)

Leggo la traduzione, recentemente ristampata, che Clemente Rebora fece, una trentina di anni addietro, di un grande racconto di Tolstoi: “La felicità domestica”. Traduzione, dice l’editore, bellissima, “frutto di un incontro unico e irripetibile, fra uno scrittore grande come Tolstoi, colto nel momento in cui era giunto nella vita ad un approdo provvisorio e sereno di equilibrio…e un poeta come Clemente Rebora, anche lui in un momento particolarmente felice di equilibrio, ed al culmine di una educazione finissima di vita e di letteratura, prima di una svolta, e di una più intima e segreta vicenda”. La svolta cui la nota allude, la vicenda, è stata quella che ha portato Rebora a vestire la tonaca di scolopio o di servita, non ricordo bene; ma è di ciò che qui mi importa. Voglio confessare invece una cosa: che la bellissima traduzione mi ha dato un certo disgusto: “Da ogni parte più intensamente si espanse il profumo dei fiori: copiosa rugiada l’erba irrorava: un usignolo non lungi, nel folto delle serenelle, prese a ciangottare, e udite le nostre voci, si tacque: stellato il cielo quasi fosse disceso su di noi”. “Non appena mi sono avvicinato a voi, dopo tutto quel polverio, caldo, sfaticare, ecco venire un alito di mammola. E non della violetta olezzante, ma di quella primaticcia, brunettina, che odora di nevicella fusa e d’erba primaverile”. E saranno senz’altro di Tolstoi queste serenelle, queste mammole, questa nevicella; ma alitano un Pascoli di seconda mano che con Tolstoi non ha niente, proprio niente, a che fare. E il racconto prende un che di lezioso, di cinguettante, per cui si finisce col rimpiangere di esserci imbattuti in questa bellissima e poetica versione, invece che in una dura, grigia, anonima e magari sgrammaticata traduzione. Perché Tolstoi è uno di quegli scrittori che non può essere distrutto da una brutta traduzione (e nemmeno da una sceneggiata televisiva, come abbiamo visto), ma da una traduzione bellissima sì.

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