Stamattina sui giornali il caso Brancher. Napolitano, che su Pomigliano, cioè sull’accordo anticostituzionale e sul referendum con ricatto incorporato, ha bellamente taciuto, ha ritrovato la sua loquacità . Forse gli bruciava che solo pochi giorni fa lui in persona, lui che occupa (degnamente) il palazzo che fu dei Savoia, aveva assistito al giuramento dell’indecente personaggio e ne aveva controfirmato la nomina. Non aveva osato allora dire: “Firmo perché sono obbligato, ma sarebbe meglio che questo signore andasse a farsi processare”. Ora dice: “Perché il legittimo impedimento? è senza portafoglio”. Come dire che per quelli col portafoglio va bene. Poi ha pontificato anche Bossi. “Così presto? – ha detto – è stato un fesso”. E ha preso le distanze dalla sua nomina.
Il primo a reagire è stato Bersani, che quando può fare l’opposizione sulle cazzate di stile del governo non gli pare vero, così può nascondere l’assenza di controproposte sui temi forti dell’economia, della guera in Afghanistan, delle spese militari etc. Il Cavaliere, ufficialmente ha taciuto, ma è filtrata la diceria che, dopo aver saputo di Bossi, diceva: “Tenetemi, altrimenti spacco tutto!”.
Come che sia, stamani ha affidato la replica al vicedirettore del “Giornale”, Alessandro Sallusti, soprannominato “la voce del padrone”. L’argomentare è, come sempre, ignobile. Eccone un passaggio chiave: “Quale motivo aveva il premier di imbarcare un nuovo ministro, per di più con delega al federalismo, per di più con vicende giudiziarie aperte, sapendo di andare incontro a pasticcio certo? I soliti ben informati hanno la risposta pronta: Brancher è un ex dirigente Fininvest, amico personale del Cavaliere, che come si sa, è uomo generoso e solidale con i compagni di squadra alle prese con qualche guaio, economico o giudiziario che sia”. Il commento a tutto ciò non è l’indignazione, non è: “Berlusconi è uomo di stato e non fa favori agli amici”; ma, al contrario, è un secco: “È tutto vero”, anche se “non applicabile a questo caso”. Perché no? “Perché Berlusconi ha anche un’altra caratteristica: non è fesso”.
Sallusti dice, in sostanza, che il Cavaliere mai avrebbe fatto l’operazione, senza aver preventivamente acquisito il consenso della Lega, ché anzi sono stati proprio i leghisti a proporlo e Bossi in Consiglio dei Ministri ha detto: “Il Brancher che non possiamo lasciarlo per strada che tiene pure due bambini”. Sallusti garantisce che la frase gliel'ha riferita uno dei presenti. Chissà chi.
Su certi leghisti di primo piano Sallusti è ancora più ficcante: “Fu il presidente della banca, Gianpiero Fiorani (che tra l’altro salvò dal crac Credieuronord, istituto di credito della Lega) a sostenere di aver pagato alcuni politici per difendere il posto dell’allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Tra questi fece il nome di Brancher che avrebbe riscosso anche per conto di Calderoli. Il primo fu rimandato a giudizio, il secondo completamente scagionato. Ma lasciamo la vicenda giudiziaria nelle sue sedi, anche se è evidente chi potrebbe avere paura di un processo a Brancher”.
Conclusione: “Evidentemente qualcuno nelle alte sfere del Carroccio ha chiesto, forse preteso dal premier, la nomina di Brancher a ministro. Ed è stato accontentato. Questo qualcuno oggi abbia il coraggio di prendersi la responsabilità di fronte al Quirinale, al governo e agli elettori. Perché è vero che il Cavaliere ha le spalle larghe, ma tutto ha un limite. Anche l’indecenza”.
L’indecenza dunque non starebbe nella nomina di un personaggio su cui gravano codeste accuse e che ha un passato di prescrizioni (vedi http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/06/un-ministro-indecente-di-giulio-cavalli.html), ma nel fatto che Bossi e i suoi non siano stati coerenti con l’etica mafiosa di Berlusconi, quella per cui il patto “tra amici” è sacro e l’amico va coperto in ogni caso. E’ un ragionare disgustoso, come tutto questo ragionare di “fessi” e di furbi, che lascia intravedere il cuore del messaggio. Quello che, tramite le sue Tv, le sue parole, i suoi atti, il suo corpo, il Cavaliere ha diffuso: “L’importante non è essere onesti, ma farla franca”.
Ha con lui quella parte di italiani che già la pensava così, ma che ha potuto finalmente proclamare il suo credo senza complessi o ipocrisie ed ha sedotto e corrotto un’altra parte che si è convinta che alla “furbizia” altrui e propria non c’è alternativa. Si convincerà prima o poi che l'onestà (di tutti) conviene, ma c'è il rischio che sia troppo tardi.
Io alla minoranza che resiste farei una proposta: se “fesso” è oltraggio per il premier e i suoi soci leghisti, bisognerà dare a questa parola una connotazione positiva, produrre un vero e proprio “elogio del fesso” e farne un corpo contundente contro i furbacchioni che ci governano e contro gli schifosi furbetti che li leccano davanti e dietro.
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