Nel maggio del 2009 “Libero”, a quel tempo diretto da Feltri, diede vita ad una iniziativa editoriale. In sedici fascicoli si regalava ai lettori un’opera così titolata e sottotitolata Berlusconi tale e quale. Vita, conquiste e passioni di un uomo politico unico al mondo. Nella prefazione, Il Cavaliere in sedici scene, Feltri scriveva: “Abbiamo la pretesa, anzi la certezza, di sorprendervi. Qui Silvio Berlusconi sembra un altro rispetto a quello che avete in mente, perché è proprio lui”.
Sulla scorta di un bel libro di Dino Biondi, La fabbrica del Duce, del 1967, comprai “Libero” tre giorni di seguito, per vedere che razza di Berlusconi stesse fabbricando il quotidiano. Poi prevalse il disgusto e la persuasione che la spesa non valeva l’impresa. Tre fascicoli del resto erano più che sufficienti per comprendere il taglio dell’operazione. Si trattava di una biografia o, meglio, di una agiografia, uno di quei testi religiosi che non si limitano a raccontare vita, morte e miracoli di santi e martiri, ma ne ricavano una morale, un messaggio universalmente valido, tale da conferire ad una vicenda particolare una sua esemplarità. Ma accanto a un capitolo biografico ogni fascicolo conteneva alcuni “pezzi” monografici (per esempio su Berlusconi diplomatico o sui suoi rapporti con Bossi o sul suo amore per i motoscafi), alcune testimonianze e delle vere e proprie rubriche (L’ha detto lui, E’ vero che…, Visto da vicino, curata da Renato Farina).
Un dejà vu, una sorta di replica di quel corposo rotocalco che Berlusconi spedì (anche a me, forse perché nell’indirizzario dei Milan club) in un milione di copie nel 2001, intitolato Berlusconi, una storia italiana? Anche, ma con una pretesa o, meglio, una finzione in più. Del giornalone propagandistico si sapeva che era Berlusconi il committente, che era lui a pagare le spese; per l’inserto di “Libero” invece pagavano gli editori, i famigerati Angelucci, magari con i proventi degli appalti sanitari che ottengono qua e là. Andiamo ai contenuti. Nel primo fascicolo si racconta del rapporto speciale, maturato, nella tragedia della guerra, con la madre definita “piccola donna d’acciaio”. Chissà perché, ma ho il sospetto gli autocrati e gli aspiranti autocrati intrattengano rapporti speciali con la metallurgia: “acciaio” (in russo stalin) era quel Giuseppe Bessarione, “figlio del fabbro” era il Duce eccetera.
Il fascicolo è, anche, involontariamente comico, perché correda il racconto che lo vede ottimo figlio di famiglia con foto che lo mostrano ottimo padre di famiglia, tratte “dall’album di Silvio e di Veronica”.
Appena qualche giorno prima era scoppiato lo “scandalo Noemi” ed era apparsa sui giornali la lettera di ribellione della Lario; il servo Feltri, su “Libero” l’aveva sbattuta in prima pagina a seni nudi; ma editori e direttore non se l’erano sentita di mandare al macero l’inserto-panegirico che era già in stampa.
Nel secondo fascicolo si rievoca la prima giovinezza di Silvio, i suoi studi dai salesiani, i ricordi di maestri e compagni. Il metodo è sempre lo stesso, delle vite dei santi, dell’agiografia mussoliniana, il metodo aneddotico: singoli episodi, ma emblematici, e testimonianze dirette di chi lo conobbe. Ma se nel caso del Duce si evidenziava soprattutto la sua tempra di condottiero, qui emergono le doti di persuasore e affabulatore, di piazzista, direbbe Montanelli. Ecco cosa dice un suo insegnante, il prete salesiano Furiotti: “Il giovane Berlusconi aveva la parola facile e sapeva conquistare la fiducia di tutti. Quando nel nostro istituto era in programma la visita di qualche autorità o comunque c’era un avvenimento in cui occorreva che qualcuno dei nostri prendesse la parola, era lui a pronunciare il discorso di benvenuto. Ricordo che teneva tutti sulla corda fino all’ultimo minuto perché spesso improvvisava il suo intervento, ma poi andava tutto per il meglio perché parlava senza esitazioni come se recitasse a memoria”.
Il terzo fascicolo salta a piè pari il Berlusconi costruttore (forse per evitare le spiegazioni mai date sull’origine dei capitali) e passa all’inventore della Tv commerciale. Qui, al centro della narrazione c’è una testimonianza particolarmente autorevole, quella di Mike Bongiorno. ma non manca una nota commovente, di Sandra Mondaini che racconta di quando “sua emittenza” si presentò a casa loro per convincerli a lasciare la Rai: “L’incertezza più grande la avemmo quando Berlusconi, appena entrato in casa nostra, ci chiese un panino”.
Dai numerosi pezzi e pezzetti e dalle rubriche che corredano i tre fascicoli si potrebbe fare un gustoso e divertente florilegio. Non lo farò qui, ma non escludo di poter postare in questo blog qualcosa, di quando in quando. Qui mi limito a riportare due “domande e risposte” dalla rubrica E’ vero o no che Berlusconi…, nel secondo fascicolo.
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E' VERO O NO?
“E’ vero che ogni mattina Berlusconi passa un’ora davanti allo specchio?
Risponde l’esperto d’immagine Diego Dalla Palma: ‘Per parecchio tempo ho curato io il suo look. Posso dire che la mattina, davanti allo specchio, passa una trentina di minuti, non di più. Apre la giornata con una sauna di cinque minuti e poi si fa la barba con schiuma e pennello. Prima di apparire in pubblico si sottopone a una seduta di trucco: usa fondo tinta, burro cacao lucida-labbra e un piccolo ritocco di matita alle sopracciglia’.
Quali sono le sue lettura preferite?
Roberto Gervaso ha avuto modo di conoscere le sue diverse biblioteche, praticamente – più o meno fornite – una per ciascuna delle sue abitazioni. Nella sola biblioteca di arcore sono raccolti più di 10 mila volumi. Gli autori preferiti in assoluto da Berlusconi sono Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam e Dostoewskij. Del primo ha scritto l’introduzione alla Utopia; del secondo l’introduzione all’Elogio della follia.”
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A quanto pare gli manca l’introduzione a un’opera di Dostoewskij. Potrebbe essere un’occupazione per il “dopocaduta”, che più d’uno profetizza imminente. Potrebbe introdurre L’idiota. O Delitto e castigo. A scelta.
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