25.7.10

La polis come comunità globale. Marx e il mondo antico.

Tra i convegni che in Italia si tennero nel 1983, in occasione del centenario della morte di Karl Marx, uno dal titolo Conoscere Marx si svolse il 2 e 3 a Pavia, nell’aula foscoliana dell’Università. Tra le relazioni una, dedicata al rapporto tra il pensatore rivoluzionari tedesco e il mondo antico, era tenuta da Mario Vegetti. Per Vegetti negli scritti marxiani, dalle Formen (Forme economiche precapitalistiche) al Capitale, non c’è una teoria organica costruita su una vasta quantità di dati fattuali, ma alcune grandi intuizioni raccolte intorno a due nuclei fondamentali: la “forma schiavistica” più antica, incubatrice del modo schiavistico di produzione sviluppatosi pienamente solo nella tarda antichità; la “comunità antica” centrata sulla città come sede dei proprietari fondiari, “il cui principale lavoro collettivo è la guerra”. Questi elementi non bastano a costruire una storiografia (o una teoria) marxista del mondo antico, come pretendevano non solo i dogmatici antichisti sovietici, ma anche alcuni marxisti eterodossi, come il perugino Leone Iraci Fedeli, che nei “quaderni” della rivista “Terzo Mondo” pubblicò una sua ricerca su Marx e il mondo antico. E tuttavia – aggiunge Vegetti – oggi, senza Marx, senza il vigore delle sue astrazioni, ogni visione dell’antichità risulterebbe monca. Un ampio estratto della relazione di Vegetti fu poi pubblicata sul n.23 del 5 maggio della rivista “Pace e guerra” diretta da Lucio Magri e Claudio Napoleoni. Qui sotto invece propongo, l’una di seguito all’altra come un unico discorso, due delle risposte di sintesi che Vegetti diede a Piero Lavatelli che lo intervistava per “l’Unità”. Il tema è l’approccio di Marx alla “comunità antica”, rappresentata al massimo grado da Roma ed Atene. (S.L.L.)

Marx è colpito da quelle forme di comunità globale che costituivano la polis antica, in cui la città è la prima e più importante forza produttiva e non c’è soluzione di continuità tra i cittadino come uomo politico e il cittadino come produttore. Un mondo dove non c’è separazione tre economia e politica da lui vagheggiato come ideale. C’è in Marx un modo dialettico di pensare il rapporto “antico/moderno” che schematicamente di può esporre così. L’antico è il regno della qualità, ma ristretto alle élites. Il moderno, il capitalismo, è invece il regno della quantità; rende universali valori e beni prima elitari, ma li involgarisce, li banalizza, ne fa cose mercantili. Il comunismo dovrebbe rappresentare la sintesi: la qualità estesa a tutti. Così ha tutta l’aria di un’utopia; ma non si parla oggi sempre più di qualità della vita? (m.v.)

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