16.8.10

Giornalisti in Sicilia.


Ideato, promosso ed organizzato dal mensile “IL CLANDESTINO con permesso di soggiorno”, prenderà il via a Modica il 25 agosto e durerà fino al 28 il 2° Festival del Giornalismo. Non è una passerella di grandi firme, ma un tentativo di riflettere non solo sul sistema italiano dell’informazione, ma sulla specificità della Sicilia, mettendo insieme la memoria, l’attualità e il progetto.
Al ricordo di Giovanni Spampinato e Pippo Fava, due giornalisti vittime della mafia, spesso ingiustamente dimenticati, sono dedicati due incontri. Riccardo Orioles, Pino Finocchiaro e Antonello Mangano, che con Fava lavorarono all’esperienza de “I Siciliani” racconteranno aiuteranno a comprendere meglio la sua idea del ‘giornalismo etico’. Sarà inoltre proiettato un video di Pino Finocchiaro dedicato alla figura di Fava e saranno presenti anche i figli Elena e Claudio. Giovanni Spampinato: la vicenda oscura di un giornalista ragusano è invece l’argomento della seconda occasione di ricordo. Prevede l’intervento del fratello del giornalista ucciso, Alberto Spampinato, di Carlo Ruta e Roberto Rossi.
Sullo stato dell’arte nel sistema nazionale della comunicazione, con particolare riferimento ai temi della libertà di informare e di essere informati, ragioneranno giornalisti come Franco Fracassi e Bruno Tinti e magistrati come Ingroia, sostituto procuratore a Palermo, Puleio e Lotti, in attività a Modica e a Gela.
A mio avviso il momento più importante sarà l’intero pomeriggio del festival dedicato ai progetti editoriali, specie giovanili, in Sicilia: un momento di conoscenza reciproca che dovrebbe favorire il superamento di una realtà di atomizzazione. Vi parteciperanno anche i redattori di un coraggioso giornale della mia provincia di origine “Ad Est”, che a partire da Raffadali, tra minacce e querele, ha svelato, denunciato e spiegato le malefatte dei fratelli Cuffaro, in particolare di quel Totò Vasavasa, già presidente della Regione, condannato per concorso esterno con Cosa Nostra in relazione alle infiltrazioni sanitarie della famigerata organizzazione mafiosa. Gaetano Alessi e i suoi compagni non hanno aspettato la decadenza di Cuffaro per cercarne e raccontarne le magagne, ma hanno combattuto la loro battaglia di verità fin dai tempi in cui l’ascesa di costui sembrava irresistibile.
A mo’ di vademecum per chi decidesse di partecipare al festival propongo qui un articolo di Riccardo Orioles, pubblicato a fine maggio su “Casablanca”, che illustra con la sua abituale chiarezza ed efficacia le virtù e le debolezze del giornalismo d’inchiesta (quasi sempre, inevitabilmente, giornalismo antimafia) in Sicilia. (S.L.L.)
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Grandezza e servitù dell'informazione antimafiosa
di Riccardo Orioles

Esistono in Sicilia numerosi giornalisti liberi - per lo più non retribuiti, ma spesso ad elevato livello di professionalità - e numerose piccole testate indipendenti, sia su carta che su web. Nonostante ciò, il livello dell’informazione in Sicilia è bassissimo e la grande maggioranza della popolazione vive completamente disinformata.
Il motivo più evidente è il monopolio dell’editoria: i tre quotidiani dell’Isola, e quasi tutte le televisioni, appartengono o sono alleate a un unico editore, Mario Ciancio. Sia il “Giornale di Sicilia” di Palermo che “La Sicilia” di Catania hanno una solida tradizione, diciamo così, non antimafiosa. Il primo, in cinquant’anni di onorato servizio, ha coperto da Salvatore Giuliano ai banchieri Salvo; il secondo anche recentemente si è pregiato di ospitare opinioni dei Santapaola. Entrambi vendono pochissimo, molto sotto la media europea.
Il secondo motivo è l’irresponsabilità, o peggio, degli imprenditori siciliani: che non hanno mai concesso, né mai - probabilmente - concederanno pubblicità alle testate estranee al monopolio. Personalmente, ho fatto giornali in Sicilia per quasi trent’anni (“i Siciliani”, “Casablanca”, ora “U cuntu”, passando per il versante siciliano di “Avvenimenti”) e non sono mai riuscito a vedere un soldo di pubblicità da un industriale siciliano, compresi quelli "progressisti". E’ stato così che “i Siciliani” hanno dovuto chiudere, pur vendendo molto di più di qualunque loro omologo siciliano (e a volte nazionale). Il nostro giornalismo, di cui ora tutti riconoscono il valore professionale e civile, è stato alimentato a carne umana, coi sacrifici dei redattori e la loro condanna alla miseria. E anche oggi, ogni volta che chiedo qualcosa ai nostri giovani (e bravi) redattori non posso esimermi dal provare un senso di colpa: non solo non riceveranno nulla in cambio del loro lavoro, ma dovranno anche pagarlo di persona. Non si sottraggono alla norma gli imprenditori finalmente antimafiosi di oggi. L’esempio più eclatante è quello della Confindustria siciliana (ribelle al pizzo ecc. ecc.) che per fare uno speciale sull’economia siciliana non si rivolge alle testate o ai giornalisti dell’antimafia ma a “Libero”; col risultato di avere in prima pagina, come modello di imprenditore giovane e efficiente... un membro della famiglia Ercolano.
Il terzo - e forse decisivo - motivo è l’immaturità politica dei pur coraggiosissimi antimafiosi siciliani; almeno di quelli che fanno informazione. Bravi professionalmente, riflessivi, devoti - ma assolutamente privi di coordinamento fra loro, e non solo per fatto tecnico ma proprio per una cultura profonda (siciliana...) che nega l’unità. "Cu joca solu non perde mai", "A pignatta comune mai bollì"... Non sono proverbi mafiosi: sono proverbi siciliani, al cui senso pochissimi siciliani, e certo quasi nessun giornalista antimafioso, riesce in realtà a sottrarsi.
Le non poche testate libere siciliane assomigliano così a tante valorosissime tribù indiane, ciascuna delle quali divende con coraggio e spesso con successo la propria valle, ma che rarissimamente riescono a unirsi - e anche allora per poco tempo - per affrontare insieme il nemico comune: che è invece ordinatamente inquadrato in plotoni, compagnie e reggimenti e per questo vince.
L’unica eccezione, che io sappia, è la rete di Lavori in corso, a Catania e Ragusa (Ucuntu, il Clandestino, i Cordai, la Periferica e altri pochi) che eredita la cultura unitaria di Casablanca (i due convegni "Sbavaglio" fra le testate siciliane) che viene, a sua volta, dai tentativi unitari dei Siciliani (non tutti), da Siciliani Giovani, dalle testate locali che ruotavano attorno ad essi negli anni ’90, dai gruppi locali di Avvenimenti e dell’Alba, ecc. Ma è una rete piccola e infelice, stretta fra l’ambizione dell’obiettivo (unire tutti) e la generosa avarizia degli interlocutori, disponibili nei momenti solenni o d’emergenza ma non nella banale (e decisiva) routine quotidiana.
La Sicilia, fra le regioni d’Europa, è quella con gli editori peggiori (monopolio, collusioni) e i giornalisti migliori (otto caduti sul dovere, numerosissimi giovani venuti su, sul loro esempio, quasi ad ogni nuova generazione). Eppure in Sicilia il giornalismo libero continua ad essere sconfitto e isolato: un po’ per colpa dei cattivi ma molto per irresponsabità dei buoni.

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