“L’Aurore” pubblicò il celebre J’accuse di Emile Zola il 13 gennaio 1898. Non era – lo dice il titolo stesso – una di Alfred Dreyfus, l’ufficiale di origine ebraica accusato di spionaggio e tradimento, ma una violenta requisitoria contro la cospirazione militare e governativa che ne aveva determinato la condanna. Il ministro della guerra Billot ordinò che lo scrittore fosse processato per diffamazione di funzionari dello Stato. Delle trentanove pagine di accuse solo il contenuto di 15 righe era oggetto dell’incriminazione. Il processo si svolse per direttissima,dal 7 al 23 febbraio 1898 e lo scrittore fu condannato al massimo della pena: un anno di prigione e 300 franchi di ammenda. Il ricorso in cassazione di Zola aprì un contenzioso giudiziario cui pose fine lo stesso scrittore quando il 18 luglio in tribunale a Versailles abbandonò l’udienza e annunciò la propria contumacia. Partì per l’Inghilterra anche per evitare che una sentenza esecutiva compromettesse l’attesa revisione del processo Dreyfus. Zola tornò dall’esilio nell’estate del 1899, quando la Cassazione annullò la sentenza contro l’ufficiale. La condanna che il tribunale di Versailles gli aveva comminato non gli venne mai notificata.
Zola rimaneva in ogni caso oggetto dell’odio della destra nazionalista, antisemita e militarista che continuava, sulla sua stampa, a coprirlo di ignobili contumelie e di invereconde, improbabili accuse. Tra il luglio del 1901 e l’agosto del 1902 scrisse sull’affaire Dreyfus il suo ultimo romanzo Verité, che fu pubblicato postumo l’anno seguente). Intanto lo scrittore, nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1902, era morto nella sua casa, per una asfissia causata dal difettoso tiraggio del camino. L’inchiesta concluse che l’intossicazione era accidentale, ma molti anni più tardi, nel 1953, il giornale “Liberation” avrebbe pubblicato la testimonianza di un fumista (rimasto anonimo) che nel 1927 aveva rivelato di aver artatamente ostruito il camino per odio nei confronti di Zola. La tardiva e anonima confessione vale quel che vale, ma i dubbi sulla morte del padre del “naturalismo” restano intatti. Non è affatto escluso che si trattasse di un assassinio per punire il suo coraggio.
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