18.9.10

Hemingway beffa l'ultimo embargo?

L'articolo che qui riporto, di Mimmo Candìto, è del 2 gennaio 2009. Obama, da poco eletto, non s'era ancora insediato alla Casa Bianca, ma molte speranze parevano aprirsi per Cuba. Più d'uno dava per certa la fine dell'embargo e l'apertura di nuove relazioni tra gli Usa e lo stato socialista dell'isola caraibica. Fino ad oggi non è andata così. Obama non è riuscito neppure a mettere fine all'illegale detenzione dei musulmani imprigionati e torturati dall'amministrazione Bush nella base americana di Guantanamo. Men che mai ha impresso una svolta nelle relazioni con lo Stato cubano.
Il pezzo di Candìto, assai bene scritto, parla della collaborazione tra lo stato cubano e un centro di ricerca Usa per la digitalizzazione della mole cospicua di documenti che si conservano nella casa di Ernest Hemingway, appena fuori da L'Avana. L'articolo parla dell'amicizia tra Fidel e lo scrittore nordamericano. Non è di certo benevolo con gli esiti recenti della Rivoluzione Cubana e c'è tra le righe qualche cattiveria gratuita, e tuttavia si legge con gusto e dà molte notizie utili. Non sarebbe male se oggi lo steso Candìto scrivesse un nuovo articolo per raccontare come la nuova amministrazione Usa nulla abbia fatto finora per allentare le tensioni con Cuba e come abbia respinto tutte le iniziative di distensione partite dai governanti dell'isola. Non so dire se Obama voglia davvero la svolta e se sia stato fin qui prigioniero di un'establishment politico-militare inguaribilmente anticastrista anche per gli storici rapporti degli Usa con l'emigrazione e con la mafia cubana di Miami. Qualcuno ipotizza che attenda le difficile elezioni di mezzo mandato per muovere i suoi passi. Se è così, com'è sperabile, a novembre dovrà lanciare in fretta la sua sfida di pacificazione, senza attendere l'approssimarsi delle presidenziali del 2012. Dopo che Raoul ha dato assicurazioni per una svolta di mercato dell'economia cubana anche attraverso il licenziamento di centinaia di migliaia di dipendenti statali e una campagna di privatizzazioni, non ha più alibi. (S.L.L.)

La vecchia casa di Hemingway, sull’isola di Cuba, Finca Vigía è il suo nome, sta appena fuori dall’Avana, in un borgo di campagna che si chiama San Francisco de Paula, con una piccola piscina, molti alberi di grandi fronde che nascondono lo yacht «Pilar», e i banani immancabili in ogni orizzonte del Tropico. Tutto è rimasto come in quei giorni lontani, le piastrelle luminose, i gatti che sussurrano, il letto bianco incastonato tra le librerie di legno dolce, e lassù, in fondo, la torretta dove lui si isolava a scrivere con la sua vecchia macchina nera dai grandi tasti, montata accortamente su un leggio alto per non doversi sedere (e potersi sottrarre ai tormenti inarrestabili delle emorroidi). La Vigía e la sua leggenda sono il passaggio obbligato di ogni turista che venga a Cuba, insieme con il bar della Floridita e con il piccolo albergo Ambos Mundos, nella Calle dell’Obispo, dentro il cuore nobile dell’Habana Vieja. Perché, per chi sbarca sull’isola senza più il battito pulsante dell’orgoglio della Revolución, Hemingway resta il compagno d’avventura più affascinante, l’unico vero interprete di un sogno che ambiziosamente possa sopravvivere alla Revolución, ora che anche questa denuncia il degrado delle proprie miserie perfino dentro quelle patetiche immagini di un Fidel scavato dal male, ospitalizzato nella sua tuta cadente da vecchio pensionato in fase terminale.

Hemingway è morto prima di finire in questo vortice di malinconia, e il regime castrista se lo coltiva con adeguato opportunismo. Dovunque, la foto dello scrittore e del Comandante in una battuta di pesca su uno yacht d’altura - le due barbe accostate, i denti bianchi a garrire nel vento dell’Oceano - incornicia l’amicizia tra i due, protagonisti ciascuno nel proprio impegno ma anche passabilmente invidiosi l’uno dell’altro: vettore, dell’utopia realizzata del giovane e vigoroso guerrigliero, e il guerrigliero fattosi capo di un popolo, invidioso della libertà di godere delle proprie passioni di quell’americano smodato consegnato alla immortalità dal suo recente premio Nobel.

Pur nella contraddizione di questi sentimenti, Hemingway è stato comunque un ponte ideale di collegamento tra l’isola rivoluzionaria e quell’America imperialista che sta a poco più di novanta miglia dalle spiagge di Varadero e dell’Avana. Un ponte ideale che è potuto sopravvivere non soltanto al lampo drammatico della crisi dei missili, nell’ottobre del ‘62, quando Kruscev e Kennedy stavano per portare il mondo dentro la guerra nucleare, ma anche alla lunga spossante routine dell’embargo che da 40 anni crea un’aspra cesura tra questi due mondi (ma cesura che alla fine è soprattutto formale, per le triangolazioni che consentono all’isola di superare i divieti di Washington). E di questo ponte è comunque una conferma l’annuncio che arriva dall’Avana, che il Centro Naciónal de Conservación y Restauración può ora mettere a disposizione degli studiosi «più di 3000 documenti inediti dello scrittore, fogli privati, appunti sparsi, testi originali», grazie alla collaborazione di un Centro di Studi Sociali di Washington, che ha coperto le spese per la digitalizzazione di questo materiale.

Dice Ada Rosa Alfonso, direttora del Centro Cubano: «Tra queste carte, che sono conservate nella Finca Vigìa, c’è anche il manoscritto dell’epilogo del romanzo Per chi suona la campana, il testo della sceneggiatura del film Il vecchio e il mare e perfino alcune osservazioni di Hemingway - che gli specialisti militari hanno poi confermato - che molti sottomarini tedeschi poterono rifornirsi di carburante durante la II Guerra mondiale attraccando sulla costa nord dell’isola di Cuba; e anzi, di queste osservazioni poi lo scrittore si servì nella stesura del suo romanzo Isole nella corrente».

Vigìa era stata acquistata nel ‘40 dalla seconda moglie di Hemingway, Martha Gelborn, ed era diventata presto un rifugio spirituale dello scrittore, che nelle acque al largo dell’isola sfogava la sua passione per la pesca d’altura, partendo dal piccolo porto di Cojimar in compagnia del fido compagno Gregorio (il protagonista simbolico poi del suo Il vecchio e il mare). La Finca fu donata dai familiari di Hemingway al governo cubano, subito dopo il suicidio dello scrittore, nel luglio del ‘61 e diventò un autentico monumento alla memoria di Hemingway, con un affascinante patrimonio di scritti e di quadri legati soprattutto al suo amore per la Spagna e per le corride di tori: «Oltre al materiale digitalizzato, ci sono ancora alcune migliaia di documenti originali, 900 mappe nautiche, 3000 fotografie, e più di 9000 libri».

Di questo immenso repertorio si aveva una conoscenza vaga; ne aveva scritto parzialmente Norberto Fuentes, nel suo libro Hemingway en Cuba, ma di tutto il resto si avevano poche certezze, che la direttora custodiva comunque con cura contro i danni dell’umidità che spesso deteriorano i libri e le carte nelle isole tropicali. «Ora che siamo riusciti a salvare questa eredità di Hemingway, possiamo dire che il nostro comune lavoro - del Centro cubano e del Centro di Studi americano - si propone come un esempio interessante delle relazioni che si possono instaurare tra i nostri due paesi, superando la freddezza e la censura che impediscono scambi fruttuosi e una consultazione permanente».

Dopo la grave malattia di Fidel Castro e il passaggio formale dei poteri di guida della Revolución nelle mani del fratello Raúl, non sono mancati da Cuba i segnali per un percorso nuovo nelle relazioni tra Washington e l’Avana. Sono stati segnali ancora molto approssimativi, e l’amministrazione Bush ha preferito ignorarne il valore di apertura, diffidenti ancora verso un regime che non mostra sufficienti segni di cambiamento; ma non vi è dubbio che «il ponte ideale» si riproponga ora con forza, nel momento in cui il nuovo presidente Obama entra alla Casa Bianca con un forte programma di rinnovamento della politica estera americana. La collaborazione nel salvataggio dei documenti di Hemingway costituisce un precedente su cui lavorare. Nella Finca Vigìa sono ancora conservate le bottiglie di whisky e di gin che Hemingway amava consumare; sono mezzo piene, o forse mezzo vuote.

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