1.9.10

La regina Vittoria era vittoriana?

Winterhalter - Vittoria e Albert, con la loro primogenita Vittoria.

Nel 1987 uscì una nuova biografia della regina Vittoria, di uno storico statunitense, Stanley Weintraub, molto documentata, su materiale spesso inedito, diari, lettere, resoconti medici (Victoria; biography of a queen). E’ una biografia molto attenta al privato, alla vita quotidiana, che conteneva qualche sorpresa, una in particolare, riguardante la personalità della longeva e prolifica regina. La regina Vittoria salì al trono a soli 18 anni, nel 1837, e regnò fino alla morte, nel 1901, ed ebbe nove figli. L’età vittoriana è passata alla storia come il tempo di una particolare rigidità in materia di costumi sessuali: si andava oltre il consueto “Niente sesso, siamo inglesi” e si censurava duramente il linguaggio dell’arte e della vita quotidiana. A quanto pare la parola legs (gambe) era considerata sconveniente persino quando si riferiva ai tavoli, e non alle signore, e nei romanzi i bambini nascevano quasi sempre dai puntini di sospensione. E poi niente vestiti corti, niente ballo per le ragazze nubili ecc. ecc.
E tuttavia – scopro in una ritrovata, ampia recensione della biografia (Antonella Barina su “L’Europeo”, 25 aprile 1987) – pare che la regina Vittoria fosse tutt’altro che “vittoriana” e usasse nella vita quotidiana quella espansività e quella franchezza che la rigida etichetta del tempo sembrava proibire. E non solo in gioventù. Pare che dopo il nono figlio al medico che gli consigliava di evitare nuove gravidanze rispondesse seccata: “Dottore, vorrebbe vietarmi di divertirmi a letto?”.
Lo storico pubblica, tra l’altro, una lettera della regina a Lord Melbourne, che ne fu primo ministro e amico, scritta dopo la prima notte di nozze, ove accenna alla “più piacevole e sconcertante notte della mia vita”. Nel sua diario, intanto, Vittoria annotava: “Io e Albert abbiamo dormito assai poco”.
Il matrimonio con Albrecht Franz August Karl Emanuel von Sachsen-Coburg von Gotha, era un matrimonio combinato, con motivazioni e finalità politiche, ma l’intesa sessuale sembra esserci stata da subito e Vittoria non lo nascondeva affatto, almeno nel giro degli amici e dei cortigiani più prossimi, e ne scriveva con libertà in lettere e diari.
Così apprendiamo che il marito la aiuta ogni mattina “a infilarsi le calze” e come, già un po' avanti negli anni, si abbandonasse ancora “alle gioie di essere tenuta stretta e abbracciata fino alle prime ore del mattino”. Insomma sembra funzionare un doppia morale: in pubblico regina-imperatrice modello di una borghesia che sacrifica il sesso agli affari e in privato donna sensuale. Di questa doppiezza si trovano tracce perfino nell’arredo del palazzo: nei saloni e nei corridoi aperti al pubblico le statue di nudi sono coperte da ridicole vesticciole, ma negli ambienti privati della coppia regale intriganti campeggiano dipinti molto sensuali, come quello di Onfale, regina di Lidia, nuda, tenuta in braccio dal suo prigioniero, un Ercole particolarmente muscoloso.
Weintraub attribuisce al principe consorte Albert, molto freddo e restio nel temperamento, più che alla regina, il perbenismo un po’ ipocrita e repressivo che divenne la cifra dell’epoca.
Albert tuttavia morì nel 1861, quando Vittoria aveva da poco superato i quarant’anni. La leggenda da allora in poi ce la consegna grassa (probabile effetto delle gravidanze), riservatissima, vedova inconsolabile che dissemina il regno di statue commemorative del caro estinto. Weintraub riporta l’episodio di Disraeli, che di Vittoria fu a lungo primo ministro, il quale, morente, nel 1881 rinuncia alla visita di Sua Maestà: “No, è meglio che non la facciate entrare. Vorrà solo chiedermi di portare di là un messaggio al suo Albert”.
Lo storico tuttavia, senza pronunciarsi in maniera netta, avanza l’ipotesi che l’illustre vedova trovasse qualche consolazione in tal John Brown, cameriere del compianto consorte. Le strette relazioni e le visite del Brown trovavano una spiegazione pubblica nelle doti di medium che avrebbe avuto costui, capace di metterlo in contatto con Albert. Ma negli ambienti di corte non mancava qualche voce malevola.

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