20.9.10

Puzza di bruciato. L'articolo della domenica.


L'articolo della domenica questa volta viene diffuso di lunedì, per le serali disfunzioni della chiavetta che mi procura il collegamento. Ora, dopo alcune ore di riposo, funziona. Speriamo che duri. (S.L.L.)

Venerdì scorso, arrivato al poliambulatorio di piazzale Europa a Perugia per le analisi cliniche, ho preso posto accanto a una signora con il velo islamico, probabilmente nordafricana. Seduti vicino a lei (e a me) tre persone anziane, due donne e un uomo, parlavano (male e a voce non troppo bassa) del burqa e dei musulmani che ci invadono, a cui danno l’indennità di disoccupazione, la casa, le medicine, l’ospedale, mentre gli italiani poveri soffrono. La signora col velo è entrata quasi subito nella saletta dei prelievi, era il suo turno; ma i tre continuavano a lamentarsi. “Ci tocca pure aspettare i loro comodi!” – l’omino si rivolgeva a me quasi aspettando un consenso. Ho risposto seccamente: “E’ arrivata prima di noi ed ha gli stessi nostri diritti. La prossima volta si alzi più presto”. Non ha reagito.
Niente di speciale, è un episodio di razzismo quotidiano fra i tanti, neanche particolarmente grave. In giro succede di molto peggio: penso all’ambulante nordafricano aggredito da un gruppo di ragazzini davanti agli occhi indifferenti, se non compiaciuti, dei loro genitori.
Questi comportamenti non sono spontanei, prodotto automatico di una crisi che ispira i peggiori egoismi e i peggiori risentimenti, ma sollecitati da forze politiche, istituzioni e campagne mediatiche. La diffidenza istintiva per l’intruso viene progressivamente trasformata in paura e la paura alimentata finché non divenga odio per il diverso. Questo miscuglio angosciante è poi incanalato, prima per un uso elettorale, poi per preparare gli animi a comportamenti aggressivi e distruttivi, totalmente privi di remore morali, civili o religiose.
Questi fenomeni non sono solo italiani, né frutto di cedimenti alla Lega. La guerra ai Rom dichiarata da Sarkozy gli ha fatto recuperare molti di quei punti perduti di popolarità; e gli ha consentito di usare a suo pro, bollandoli come ingerenza, i sacrosanti richiami della Commissione europea. Forti movimenti e partiti xenofobi ci sono ormai in quasi tutti i paesi dell’Unione europea e pratiche discriminatorie sono oggi all’ordine del giorno non soltanto nei paesini del Lombardo Veneto, ma nel Nord Europa, un tempo ritenuto baluardo della civiltà. E’ consolante che questa peste sembri finora risparmiare la Germania: forse, paradossalmente, lo spettro del nazismo funziona da vaccino.
Con la xenofobia crescono i nazionalismi e i conflitti interni all’Europa, gli egoismi sociali e territoriali. Bisogna che a sinistra, in Italia, la si smetta con la solfa insopportabile che Berlusconi ci porterebbe fuori dall’Europa. L’Europa è ormai piena di Berlusconi e versa in pessime condizioni: la sua crisi, di valori e di principi più ancora che di istituzioni, rischia di diventare insanabile. Se la decadenza economica, nonostante l’ottimismo di facciata, continuerà a macinare lavoro e diritti, gl’indigeni sentiranno come concorrenziale e conflittuale ogni presenza “aliena”, il razzismo sarà sempre più forte e reclamerà il pugno di ferro contro lo straniero.
C’è infine un aspetto in tutto ciò che non va sottovalutato. Sempre più spesso l’intolleranza si dirige contro l’Islam e verso quelle nazionalità ove l’Islam è religione dominante. La questione, già accennata, del burqa è significativa. Pochissime migliaia di donne, tra le immigrate in Europa, indossano veli che oscurino totalmente il volto; il velo islamico usato dalla maggioranza copre i lineamenti meno di quanto non faccia quello delle monache. Se proprio si vuol considerare il burqa un problema, esso è pertanto un problema circoscritto in tutti i paesi europei e in molti già risolto (come in Italia) da leggi di pubblica sicurezza che limitano la circolazione in luoghi pubblici con il viso coperto. Le campagne, le richieste di leggi speciali lanciate da Sarkozy e Fini non hanno pertanto come fine la pubblica sicurezza, ma l’incremento della paura e dell’odio.
Anche negli Usa sono in atto processi simili. Né è prova la vicenda del pastore protestante che voleva bruciare il Corano, l’ampio seguito che sembrava avere, le stesse accuse di islamismo che si rivolgono al presidente Obama quando dichiara di non voler far guerra ai musulmani.
Io non sono del tutto sicuro che le classi dominanti dell’Occidente abbiano scartato la guerra come ultima ratio per far fronte alla crisi, come strumento per fare accettare ai lavoratori sacrifici intollerabili in tempo di pace. Credo anche che abbiano già scelto il primo bersaglio della eventuale guerra: l’Iran, indicato come paese guida dell’oltranzismo islamico. Poco importa che questo ruolo di paese guida dell’integralismo andrebbe piuttosto attribuito alla filooccidentale Arabia Saudita: l'integralismo islamico è un pretesto, la guerra in preparazione ha come scopo geopolitico principale quello di circondare militarmente e intimidire i cinesi, per frenare la loro aggressività commerciale e fermare lo sviluppo asiatico.
E’ comunque un’atmosfera torbida e inquietante quella che ci circonda e tutto sembra voler preparare gli animi alla “crociata”. Prendiamo ad esempio il caso della donna condannata alla lapidazione da un tribunale islamico della provincia iraniana per adulterio e complicità in omicidio. La campagna per salvarla dalla morte mi pare più che giusta, anche se non mi pare di vedere altrettante mobilitazioni per condanne a morte altrettanto scandalose in Usa. Ancora più sacrosanta mi pare la protesta delle femministe contro la pena della lapidazione. Discriminazioni antifemminili ce ne sono in molti paesi del mondo, ma questa pena riservata prevalentemente alle donne è di sicuro tra le cose più orribili e odiose. E tuttavia nella campagna mediatica sulla vicenda iraniana, con dentro tanti allarmi esagerati e alcune menzogne, sento puzza di bruciato. Mi ricorda certi libretti che circolavano alla vigilia della guerra d’Etiopia. Ne lessi tempo fa uno, di un prete cattolico missionario, di cui non ricordo il nome: s’intitolava Nel tempo della barbarie. Uscì, se non ricordo male nel 35, tre mesi prima dell’inizio della campagna africana. Parlava di crudeltà inenarrabili che si compivano nella barbara Abissinia su uomini e donne di quella terra da parte dei ras locali e altri potenti criminali. Non escludo che qualcuna delle storie raccontate fosse del tutto vera. Qualche tempo dopo partirono tante “navi” imbandierate di tricolori per liberare le “faccette nere”. E per “liberare” l’Etiopia gl'italiani usarono il napalm, i gas, le esecuzioni sommarie.

1 commento:

  1. Ciao Salvatore,
    la seconda parte del tuo discorso mi ha dato modo di riflettere sull'argomento non per demolire, ma solo per chiarire a me stessa.
    Credo che quando si affronta un argomento di cosi' vasto respiro e cosi' complesso ,inevitabilmente, si finisce per essere un po' vaghi.
    Sono certa,come tu scrivi, che l'Iran sia stato preso di mira, un po' sara' il capro espiatorio,c'e' gia' un embargo,ma che si voglia strumentalizzarlo per fermare il mercato cinese non lo trovo tanto realistico.
    Inoltre Obama non mi sembra un presidente guerrafondaio,ha tanto rispetto per l'Islam e poi l'economia USA e' in ginocchio.
    Se dall'altra parte si considera il fatto che la Russia ha dato una mano all'Iran per l'arricchimento dell'uranio mi viene da chiedere: ma questa guerra strum>Entale chi la dovrebbe fare?
    Certo il quadro non e' per nulla rassicurante, ma io rimango un po' meno pessimasta rispetto a te. Ciao , ciao Rosa ( Segue una poesia di Montale)
    LA STORIA
    La storia non si snoda
    come una catena
    di anelli ininterrotta.
    In ogni caso
    molti anelli non tengono.
    La storia non contiene
    il prima e il dopo,
    nulla che in lei borbotti
    a lento fuoco.
    La storia non e' prodotta
    da chi la pensa e neppure
    da chi l'ignora.La storia
    non si fa strada,si ostina,
    detesta il poco a poco, non procede
    ne' recede, si sposta di binario
    e la sua direzione
    non e' nell'orario.
    La storia non giustifica
    e non deplora,
    la storia non e' intrinseca
    perche' e' fuori.
    La storia non somministra
    carezze o colpi di frusta.
    La storia non e' magistra
    di niente che ci riguardi.
    Accorgesene non serve
    a farla piu' vera e piu' giusta.

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