L’ampio articolo di cronaca che a sei colonne campeggiava sulla prima pagina del “Corriere della sera” il 26 aprile 1945 raccontava, ovviamente, le concitate fasi della Liberazione. Aveva come titolo Cronache di ore memorabili e così iniziava: “Senza osare crederlo, Milano si è risvegliata ieri all’ultima giornata della sua interminabile attesa”.
Il quotidiano l’avevano fatto in pochissimi, giacché i giornalisti collaborazionisti erano andati a nascondersi e si era costituita spontaneamente una redazione “di liberazione”. La cosa davvero strana era però il nome dell’autore di quell’articolo di cronaca, quello di Dino Buzzati, che nel periodo del dominio nazifascista non aveva mai smesso di fare il cronista per il giornale di via Solferino e dunque era catalogabile tra i "collaborazionisti".
Del come e del perché egli scrivesse, e con tanto spazio, anche sul primo “Corriere” della Liberazione racconta nella testimonianza qui ripresa Gaetano Afeltra, tratta da Dino Buzzati e il Corriere, uscito per l’Editoriale del Corriere della Sera nel 1986. (S.L.L.)
Il quotidiano l’avevano fatto in pochissimi, giacché i giornalisti collaborazionisti erano andati a nascondersi e si era costituita spontaneamente una redazione “di liberazione”. La cosa davvero strana era però il nome dell’autore di quell’articolo di cronaca, quello di Dino Buzzati, che nel periodo del dominio nazifascista non aveva mai smesso di fare il cronista per il giornale di via Solferino e dunque era catalogabile tra i "collaborazionisti".
Del come e del perché egli scrivesse, e con tanto spazio, anche sul primo “Corriere” della Liberazione racconta nella testimonianza qui ripresa Gaetano Afeltra, tratta da Dino Buzzati e il Corriere, uscito per l’Editoriale del Corriere della Sera nel 1986. (S.L.L.)
Dino Buzzati |
Ignaro di vita politica, Buzzati si trovò a vivere, negli anni della sua vita al “Corriere”, i grandi eventi della moderna storia d’Italia, spesso senza rendersi ragione di quello che gli accadeva intorno. In lui aleggiava in permanenza lo spirito del sottotenente Giovanni Drogo, il protagonista del Deserto dei Tartari, votato all’adempimento del proprio dovere senza bisogno di sapere se e da chi la fortezza era veramente minacciata. La sua fortezza era il “Corriere”.
Buzzati non fu né fascista né antifascista. Era un uomo senza ideologie. Nellla guerra del 40 fu inviato a bordo di grandi navi. Il reportage della battaglia di Capo Matapan resta uno dei suoi pezzi più belli.
Poi nel 43, dopo l’8 settembre, quando le nostre navi si consegnarono agli alleati, Buzzati tacque e tornò a Milano in redazione. In quello stesso momento molti dei suoi colleghi lasciavano il giornale caduto sotto il dominio dei nazifascisti. Abbandonavano il posto di lavoro per partecipare alla lotta partigiana. Molti soffrirono il carcere, altri il campo di concentramento. Buzzati, nel suo candore, non si accorse di nulla. Così, credendo di compiere un dovere, divenne, sia pure inconsciamente, un collaborazionista. Quando, incontrandolo, gli facevo notare la gravità della sua posizione, mi rendevo conto che non riusciva a capire in che cosa consistesse il suo errore.
Poi nel 43, dopo l’8 settembre, quando le nostre navi si consegnarono agli alleati, Buzzati tacque e tornò a Milano in redazione. In quello stesso momento molti dei suoi colleghi lasciavano il giornale caduto sotto il dominio dei nazifascisti. Abbandonavano il posto di lavoro per partecipare alla lotta partigiana. Molti soffrirono il carcere, altri il campo di concentramento. Buzzati, nel suo candore, non si accorse di nulla. Così, credendo di compiere un dovere, divenne, sia pure inconsciamente, un collaborazionista. Quando, incontrandolo, gli facevo notare la gravità della sua posizione, mi rendevo conto che non riusciva a capire in che cosa consistesse il suo errore.
Il 25 aprile, insieme a Mario Borsa, tornai al “Corriere”. I redattori collaborazionisti erano tutti spariti. Bisognava fare il giornale, eravamo solo in tre: Fini, Francavilla ed io. Telefonai a Baldacci. “Vieni subito – gli dissi - stanotte si fa il primo Corriere della liberazione”. Dieci minuti dopo Baldacci arrivò in bicicletta. Ma eravamo sempre pochi. Non c’era un cronista. Pensai a Buzzati. Gli telefonai. Era a casa come se nulla stesse accadendo. Cenava con la mamma. Gli dissi di venire. Non si scompose, né chiese il perché di quell’unica violazione della messa al bando di tutti i collaborazionisti. Anche lui arrivò in bicicletta. Gli operai protestarono. Dissi che me ne assumevo tutta la responsabilità: si trattava di un caso particolare. Discutemmo. Insistevo: Buzzati certe cose non le ha mai capite. Non ha mai avuto sensibilità politica. E’ solo un giornalista di grande onestà intellettuale. Poi, poche storie, in quel momento ci serviva.
Milano era insorta. Nelle vie si sparava. All’Arcivescovado era in corso l’incontro di Mussolini col C.L.N. M’improvvisai reporter e uscii per raccogliere notizie. Da fuori telefonavo: Buzzati prendeva appunti e scriveva. Il giorno dopo sul “Corriere” apparve la Cronaca di ore memorabili ormai diventata una pagina di storia.
Per Buzzati quella era una sera come tutte le altre. Aveva fatto solo il suo dovere.
Grande Buzzati,ha scritto pagine memorabili...
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