Berlusconi al Senato il 30 settembre 2010 |
“Entro dicembre sarà pronto il progetto esecutivo, già molto avanzato, del ponte sullo Stretto di Messina. (Applausi dai Gruppi Pdl e LNP e dai banchi del Governo. Commenti dal Gruppo PD). Era stato dato anche l'appalto ad una cooperativa di imprese italiane, dopo che eravamo riusciti, prodigando molti sforzi, ad evitare la partecipazione all'appalto di grandi imprese straniere, perché volevamo che quest'opera fosse un orgoglio tutto italiano. Con l'intervento del Governo della sinistra il piano è stato accantonato. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP e dai banchi del Governo. Commenti dal Gruppo PD). Avevo personalmente, con il sottosegretario Letta, partecipato a 32 riunioni per il varo di questo piano, sino a giungere all'appalto, che è stato dato, e in cinque minuti il Governo della sinistra ha accantonato il progetto. (Commenti dal Gruppo PD). Cinque anni per costruire e cinque minuti per distruggere. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP e dai banchi del Governo)”.
Pochi hanno notato questo passaggio nella relazione che il 30 settembre il “capo del governo” Berlusconi ha svolto al Senato e che ho riprodotto del resoconto ufficiale. Tra questi pochi il mio amico Antonio Mazzeo (http://www.democrazialegalita.it/CONTRIBUTI/mazzeo_turbativa_ponte=1_ottobre_2010.htm ) e i senatori radicali Poretti e Perduca che ne hanno fatto oggetto di una interpellanza urgente e che hanno accompagnato la richiesta di chiarimenti con alcune riflessioni inappuntabili: “«Il presidente Berlusconi si è autodenunciato per avere diretto la gara d’appalto per il Ponte di Messina», scrivono i parlamentari. «Non solo ha candidamente ammesso di avere fatto di tutto per evitare che alcune imprese partecipassero solo perché straniere, ma anche che vincesse una italiana. Berlusconi dovrà spiegare in aula in cosa sono consistiti i suoi “molti sforzi” e se le 32 riunioni citate erano state fatte per la realizzazione del piano per arrivare ad un appalto realizzato su misura per la cooperativa di imprese».
Spiega Mazzeo che a questo tipo di vanterie il “capo del governo” non è affatto nuovo e che già nel 2008, in un comizio registrato a sostegno di Chiodi, candidato a presidente della regione Abruzzo aveva detto qualcosa di simile: «Avevamo impiegato cinque anni a metter d’accordo le imprese italiane perché non si presentassero separate alla gara d’appalto ma in consorzio... Eravamo andati dai nostri colleghi chiedendo che le imprese non si presentassero in modo molto aggressivo, proprio perché volevamo una realizzazione di mano italiana, e poi avremmo saputo ricompensarli con altre opere pubbliche».
Immaginiamo che i “colleghi” di cui Berlusconi parla sono gli altri “capi di Stato e di governo”, che, evidentemente, nella sua ottica sono in grado di imporre alle imprese del proprio paese un comportamento “poco aggressivo” (cioè di non partecipare o di farlo con offerte poco competitive). A queste imprese si promette una compensazione con “altre opere pubbliche”. L’impressione che esce fuori da questo racconto è che la funzione principale del governo dei paesi capitalisti e imperialisti, crollato il muro e sconfitto il movimento dei lavoratori, sia tornata ad essere quella, indicata da Lenin, di “comitato d’affari della borghesia”. L’altra impressione che al di là delle mille chiacchiere sulle regole, la concorrenza, la legalità eccetera, il capitalismo di questo tempo veda moltiplicarsi dei conflitti d’interesse e della violazione di ogni principio giuridico, il manifestarsi di un arraffa-arraffa affidato all’arbitrio di un potere fuorilegge. E’ un mondo, quello rappresentato dalle parole di Berlusconi, che regredisce al feudalesimo, in cui “chi comanda fa legge” e in cui si fa carne di porco della sacralità delle risorse pubbliche. Oggi il ponte agli italiani consorziati (incluse le coop emiliane) al prezzo che vogliono, domani gli altri lavori ai francesi, agli olandesi per mantenere l’impegno, al prezzo che essi vorranno. Un saccheggio, che (lo dimostra “Report” di ieri sera) nasce dall’intreccio sempre più evidente tra politicantismo e affarismo, per cui i politicanti non solo soltanto percettori di tangenti, ma, a loro volta, affidatari d’appalti concessi in forma sempre meno mascherata. L’Italia è stata la prima con il concessionario delle Tv, costruttore, assicuratore eccetera eccetera divenuto uomo di Stato per sostenere i propri affari; ma come già con il fascismo la peste italiana si è diffusa rapidamente. E dappertutto in Europa campeggia il conflitto d’interesse e la violazione di quell’etica produttiva e commerciale che, in altri tempi, era stato il vanto delle borghesie continentali.
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