21.10.10

Wolfgang Goethe tradotto da Luigi Pirandello. Elegie romane, VIII.

Alla base delle Elegie romane sembra essere una esplosione di vitalità erotica nel quasi quarantenne Goethe che a Roma risiede a lungo tra l'ottobre del 1786 e l'aprile del 1788: vi trova una tal Faustina amante appassionata e ardita, le osterie, il carnevale, le opere d'arte antiche e rinascimentali. Tornato in Germania, alle memorie ancora vive di Roma egli trova una forma poetica nell'adattamento dell'antico distico elegiaco. E' il tempo del "Neoclassicismo", che però qui sembra sottrarsi al carattere che spesso assume di stucchevole revival. Saranno 24 le Elegie, finite di comporre già nel 1790, ma solo venti ne saranno pubblicate dopo il 1795; quattro, giudicate dall'autore troppo spinte, usciranno postume nell'Opera Omnia, con qualche censura nell'edizione 1896, in forma integrale nel 1914. La chiave ideologica è nella prima delle venti canoniche: "In vero, o Roma, un mondo sei tu; ma pur senza l'amore  / non sarìa mondo il mondo, e nemmen Roma Roma".

La traduzione di Luigi Pirandello uscì nel 1896, carducciana nelle scelte stilistiche e linguistiche, ma sostenuta, con una robusta sintassi e un forte senso del ritmo. Della fedeltà al senso originario nulla posso dire, data la mia ignoranza pressochè totale della lingua tedesca, ma a me sembra una bella traduzione. (S.L.L.)



Se tu mi dici, o diletta, che tu da bambina non eri 
   cara ad alcuno, e in uggia t’avea la madre istessa.
finché di corpo e d’anni non fosti cresciuta; ti credo.
   Piacemi imaginarti una fanciulla strana.
Forma e colore pur mancano al fior della vite, 
   ma il grappolo, maturo, uomini e dei ristora.

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