27.12.10

Domande ingenue sugli antibiotici.

Un articolo su “La Stampa” del 18 novembre di Francesca Schianchi (Con l’overdose di antibiotici siamo più fragili) informa sui risultati di uno studio dell’Aifa (l’agenzia italiana del farmaco), che in sintonia con l’Istituto superiore di Sanità e col patrocinio del Ministero ha deciso di iniziare una campagna di comunicazione contro l’abuso di antibiotici. Vi si legge di gravi danni sanitari per la mancanza di controllo medico. Ingurgitati finché persistono i sintomi, i farmaci vengono sospesi non appena scompaiono con un nocumento aggravato: non si conclude il ciclo di terapia e si favorisce lo sviluppo di resistenze. Queste modalità d’uso garantirebbero le scorte fino alla prossima, pericolosa, cura «fai-da-te». Il risultato è che, superata solo da Grecia e Cipro, l’Italia è tra i Paesi europei che più usano antibiotici ed hanno pertanto un tasso più alto di antibiotico resistenza. In un prossimo futuro potremmo non poter curare infezioni anche banali.
L’articolo parla anche di un gigantesco spreco economico: 413 milioni di euro: “In Italia il 44% della popolazione riceve almeno una prescrizione di antibiotico l'anno, il 53% se si parla di bambini e il 50% se si tratta di anziani. Nel 2009 le vendite hanno raggiunto la cifra di 1.038 milioni di euro: 413,1 milioni, appunto, spesi per un uso inappropriato. Ad abusarne di più il Sud: in cima alla lista Campania, Puglia e Sicilia, che da sole rappresentano il 60% dell'eccesso italiano. Friuli, Liguria, Veneto e Val d'Aosta, invece, ne usano meno. Se le regioni si allineassero al consumo medio delle sei piu' virtuose, cioe' a 17,5 dosi medie giornaliere ogni mille abitanti, si risparmierebbero 316, 6 milioni di euro”. A completare l’allarme si aggiungono le dichiarazioni del direttore dell’istituto del farmaco, Rasi. Potrebbe accadere in Italia quanto già succede in India ove compaiono ''super-batteri'', contro cui nessun antibiotico efficace appare oggi disponibile.
La domanda sorge spontanea. Siamo sicuri che funzioni una campagna diretta soprattutto ai consumatori di farmaci? Sarà poi vero, dato il livello degli sprechi, che l’abuso avvenga soltanto con le scorte conservate da precedenti infezioni? Non ci sarà, invece, una tendenza dei medici di base alla facile prescrizione che dà sicurezza al paziente? Non ci sarà, poi, tra i farmacisti il modo di eludere l’obbligo della ricetta, con lauti incrementi di vendite e guadani? E, infine, al ministero non si potrebbe pensare a confezioni con un minore numero di dosi, atte ad evitare il residuo? 

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