Una delle ultime mostre di cui Gaetano Speranza (http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2011/02/non-politica-dai-candide-di-gaetano.html ) diresse l'allestimento si svolse al Museo parigino del quai Branly dal 19 giugno al 16 settembre del 2007. Aveva come titolo Objets blessés. La réparation en Afrique. Dal depliant illustrativo riprendo il testo introduttivo scritto da Gaetano e da me tradotto dal francese. Mi pare che contenga implicazioni che vanno al di là della storia dell'arte, dell'etnologia o dell'Africa. (S.L.L.)
In origine l’idea è semplice: noi studiamo ed esponiamo le riparazioni, largamente presenti in Africa, ma trascurate nelle nostre collezioni e nelle nostre ricerche. Ma tutto si complica man mano che ci interroghiamo sul significato delle parole.
Si ripara un contenitore scassato. Ma si ripara anche la Moschea di Djenné? I pali che escono dal corpo della moschea sono nello stesso tempo elementi strutturali inerenti alla sua costruzione, e gradini che permettono di attraversarla fino a quando è necessario per rimetterla in ordine.
In Occidente non si ripara una cattedrale, la si restaura; la si restaura o la si consolida, e si sono distrutti dei grattacieli per rimpiazzarli con altri.
Se un recipiente bucato o rotto non assolve alla sua funzione deve essere riparato o sostituito. Ma a partire da quale grado di degrado una maschera o una statua perdono la loro funzionalità rituale? E con quale tipo d’intervento si può restaurare questa funzionalità? La riparazione ha questo obiettivo o mira più semplicemente a impedire un ulteriore degrado dell’oggetto?
Vi sono anche degli interventi il cui risultato trae in inganno: fa pensare a una riparazione e invece non sono che aggiunte, puramente decorative. Addirittura certe volte quello che appare come una riparazione non è che una parte costitutiva della struttura d’origine dell’oggetto. Per esempio, una robusta fasciatura di spago che copre le gambe di una statua può essere simulacro di una malattia.
In un’arpa si sostituiscono le corde, e se una chiave è rotta si sostituisce anche quella; ma si tratta di riparazione o di manutenzione?
E se si copre una fessura in una statua, con del tessuto o della resina, si può ancora parlare di riparazione?
Infine, potremmo pensare che ci si stiano mettendo in mezzo gli dei? Ogni religione, ogni cultura dà un senso differente all’oggetto, alle sue ferite, alle sue riparazioni. Così il concetto semplice ed apparentemente univoco di “riparazione” ci appare progressivamente in tutta la sua complessità.
Gaetano Speranza
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