Non è una novità assoluta, ma la conferma di una diceria che aveva a lungo accompagnato la straordinaria carriera di Charlie Chaplin, una delle figure più emblematiche del Novecento. Charlot era nato zingaro. A convalidare la cosa è stato lunedì 21 il figlio Michael, in un programma registrato per la un canale delle radio nazionale britannica, Radio 4, andato in onda il 21 febbraio 2011.
Andrea Malagutti, che su “La Stampa” di quel giorno ne ha dato una anticipazione, riferisce i contenuti della filiale rivelazione. Michael ha raccontato di un grande turbamento quando quello che era ormai Sir Charles Herbert Chaplin ricevette la lettera dall'Inghilterra che gli svelava il mistero: «Fece una cosa per lui del tutto inusuale: la conservò e non ce ne parlò mai più».
Era il 1971 e Chaplin abitava a Vevey in Svizzera, da quando 20 anni prima negli Usa gli avevano ritirato il permesso di soggiorno per le sue simpatie comuniste e supposte attività antiamericane.
«Papà si rigirò la lettera tra le mani seduto in poltrona e la lesse più volte senza parlare. Si alzò, aprì un cassetto, la chiuse a chiave e poi si mise a guardare lontano, fuori dalla finestra».
L'autore della lettera, un certo Jack Hill, lo rimproverava di avere «mentito» quando nelle sue memorie aveva dichiarato di essere nato a Londra, a East Lane, nel sobborgo di Wolworth: «Se davvero vuoi saperlo, sei nato in un carrozzone, proprio come me. Un bel carrozzone. Apparteneva alla regina zingara, che poi era mia zia. Tu sei nato nel parco Black Patch di Smethwick. Come me, due anni e mezzo dopo». L'uomo racconta di essere figlio del capitano J.J. Hill (lo stesso cognome della madre di Chaplin), «un domatore di animali selvatici», e chiude la lettera precisando di non volere nulla per queste informazioni. «Arrivederci e buona fortuna».
Commenta Malagutti: “Sei anni prima di morire il re dei vagabondi si rende conto che quell'istinto insopprimibile a inseguire nuovi orizzonti, quella attenzione ossessiva per gli emarginati, quella impossibilità di omologarsi agli standard del bel mondo nonostante la straordinaria ricchezza accumulata nel corso di una carriera impareggiabile, aveva le sue radici in un accampamento gitano”. Che Chaplin senescente avesse questa intuizione è confermato da Michael: egli racconta che quel giorno il padre riprese e rilesse ad alta voce una propria intervista del 1931 in cui spiegava Charlot e che poi aggiunse: «Credo che in Charlot ci sia l'origine della mia vita. E del mio lavoro».
Il Black Patch Park di Smethwick, dove a quanto pare tutto comincia, si trova a cinque chilometri da Birmingham: gli zingari, che ne fecero la propria base a metà Ottocento, prima di esserne cacciati nei primi decenni del secolo scorso. Una targa ricorda quel periodo. Pare che oggi il parco sia pieno di turisti e ragazzi che giocano a palla, ma che quando Charlot vi nacque era animato da balli, fuochi, canti, chitarre, amori e racconti di viaggio. Henty Smith, regina del campo, era vedova di Esau, che era morto a 91 anni e ne era stato il capo a lungo. Forse fu lei a far da levatrice per Charlot il 19 aprile del 1889.
Su una cosa Malagutti sembra non avere dubbi, sul fatto che quella nascita favolosa influenzò profondamente l’artista: “«Non ho mai usato un copione, ho sempre avuto ogni cosa in testa, tutto ciò che mi serve per fare una commedia è un parco, un poliziotto e una ragazza carina», sosteneva sir Charles Spencer Chaplin, nato nel carrozzone di una regina zingara. E il parco era quello di Black Patch”.
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