28.4.11

Un irriducibile. Profilo biografico di Emilio Sereni ("micropolis" ottobre 2007)

“Individui irriducibili ormai perduti alla causa della patria”, così il Tribunale speciale nel novembre 1930 si espresse a proposito di Emilio Sereni e Manlio Rossi Doria per giustificare una condanna tra le più dure: 15 anni di carcere. Sereni era nato nel 1907 a Roma, ultimo tra quattro figli in una famiglia di ebrei osservanti, colti e antifascisti. Rossi Doria era stato l’amico del cuore fin dal liceo. Insieme si erano iscritti nel 1924 all’Istituto Superiore di Agraria di Portici, insieme al Partito Comunista d’Italia nel 1928, in quella che fu chiamata la leva della “svolta”.
Altra presenza importante nella giovinezza di Emilio è il fratello Enzo, un “sionista del lavoro” che personalmente partecipava alla costruzione dei kibbutz in Palestina, ma già nel 1927, l’anno della laurea, Emilio gli comunica la scelta di “inserirsi politicamente nella III Internazionale”. La tesi di laurea sulla colonizzazione ebraica in Palestina, influenzata dallo studio di Marx e Lenin, è anche un addio al sionismo: ragionando di proprietà della terra, di vendite forzate, di espulsioni di affittuari, implicitamente denuncia la mentalità coloniale di molti sionisti.
Nel 1928 sposa Xenia Silberberg, ribattezzata Marina, figlia di due socialisti rivoluzionari russi (il padre impiccato nella rivoluzione del 1905, la madre rifugiata in Italia).
Incarcerato a Viterbo e poi a Civitavecchia, Sereni studia di tutto: tre libri al giorno si dice, che spesso ricorda a memoria. Concetto Marchesi più tardi, non senza una punta d’invidia, lo definirà “un immondezzaio di cultura”. Liberato per amnistia nel ’35, raggiunge clandestinamente Parigi, chiamato a far parte del Centro estero del partito. E’ il tempo delle purghe staliniane: Sereni è sotto accusa nella cosiddetta “ispezione” di Giuseppe Berti a causa della famiglia della moglie e dei legami con il cugino Eugenio Colorni (un giellino che Berti sospetta di trotzkismo; morirà eroicamente nella Resistenza). A Mosca nel 1937 è arrestato, “interrogato” dalla polizia politica, condannato a morte. Si salva scrivendo direttamente a Stalin una lettera nella quale proclama la sua devozione e fa autocritica per la scarsa vigilanza. Marina è espulsa, ma Emilio viene riammesso nel partito, alla redazione dello “Stato operaio”, sebbene escluso da compiti organizzativi.
Dopo lo scoppio della guerra Emilio Sereni organizza l’attività politica tra i soldati italiani che occupano le Alpi marittime. Arrestato nel ’43 è condannato a 18 anni dal tribunale di guerra italiano. Falliti i tentativi di evasione dal carcere di Fossano, è rinchiuso per sette mesi nel braccio della morte alle Nuove di Torino, sotto custodia delle SS, ma nell’agosto 1944 riesce a fuggire. Intanto il fratello Enzo, rientrato in Italia per partecipare alla Resistenza, è deportato a Dachau, ove sarà assassinato nel  novembre. Nel ’45 Emilio è tra i dirigenti dell’insurrezione e a dicembre, nel V congresso del Pci, è eletto membro del Comitato centrale e della Direzione (ci resterà fino al ’75). Nel 1946 pubblica una delle sue opere più note e discusse, Il capitalismo nelle campagne (1860-1900), alla cui preparazione si era dedicato negli anni dell’esilio parigino. Due volte ministro nel periodo dell’unità nazionale, senatore, membro dell’esecutivo mondiale dei Partigiani della pace, nel drammatico ’56, già prima dell’Ungheria, è tra i “bastoni” di Togliatti contro i fautori di un più deciso distacco dallo stalinismo. E’ noto l’episodio in cui, da presidente del Comitato Centrale, toglie la parola a Fabrizio Onori dopo pochissimi minuti, impedendogli di argomentare il suo dissenso.
Presidente dell’Alleanza nazionale contadini dal 1955 al 1969, direttore di “Critica marxista” dal 1966 al 1976 è instancabile nell’attività politica come nella capacità di studio.
Del 1961 è la Storia del paesaggio agrario italiano; nella postuma Terra nuova e buoi rossi (1981) confluiscono molti brevi saggi editi e inediti, scritti anche per l’accesso alla docenza nell’Università La Sapienza in Roma.
Negli anni 70 è promotore della nascita dell’Istituto Alcide Cervi per la storia dell’agricoltura, del movimento contadino, dell’antifascismo e della Resistenza nelle campagne. Nel corso delle celebrazioni del trentennale della Resistenza affida all’Istituto la sua biblioteca e la sua massa di schede e appunti.
Quando il 20 marzo 1977 muore, il suo archivio - diventerà il “Fondo Emilio Sereni” - conta oltre duemila buste, ci sono 63.000 pezzi e 1.843 voci, dalle questioni agrarie al Mezzogiorno, dall’archeologia e dall’antichità alla storia economica e sociale. Nei suoi interessi c’è posto anche per matematica, fisica, cibernetica, linguistica, folclore, canti popolari, storia dell’alimentazione.

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