8.5.11

Fillea Cgil. Ammortizzatori sociali per i cantieri edili confiscati alle mafie.

Molti sono gli enti e le strutture associative che, grazie alla legge per l’uso sociale dei beni sequestrati alle mafie, trasformano quello che era frutto del crimine e dell’assassinio e segnacolo di un potere illegale e brutale in strumento di progresso e simbolo di riscatto civile ed economico. Alcune tra le esperienze più significative fanno capo a “Libera”, l’associazione di associazioni fondata, tra gli altri da Tom Benettollo e Rita Borsellino, e fin dalla sua fondazione presieduta da Luigi Ciotti, un prete torinese da sempre impegnato nel sociale. Il più ampio funzionamento delle normative per il sequestro e l’accelerazione della confisca, grazie al lavoro di magistrati, carabinieri e polizie ed alle innovazioni legislative che “Libera” ha chiesto e ottenuto, ha aumentato non poco il numero dei beni sequestrati ai boss. Tra questi beni trovano sempre più spazio aziende che lavorano nel campo dell’edilizia, un settore in cui i mafiosi di tutte le mafie sono impegnati da tanto tempo con alcune situazioni di semimonopolio (il movimento terra in alcune regioni, per esempio).
Il peso delle organizzazioni criminali nell’impresa edilizia sembra accentuarsi ora e non riguardare più soltanto i meno controllabili subappalti, ma anche imprese robuste con il problema della sottocapitalizzazione. In tempi di crisi in cui poco del costruito si vende e in cui le banche lesinano i prestiti, il grande capitale mafioso legato soprattutto al traffico delle droghe illegali ha più opportunità di penetrazione e di conquista tra le imprese delle costruzioni. Il sequestro e, poi, la confisca di imprese edili direttamente o indirettamente riferibili alle mafie hanno come conseguenza problemi occupazionali, talora importanti, per i quali non sono previsti, oggi come oggi, ammortizzatori sociali.
E’ il problema che la Fillea si propone di risolvere con una sua proposta di legge, preparata di concerto con il Centro Pio La Torre di Palermo, città nella quale ha avuto la sua prima pubblica presentazione. Ripropongo qui l’articolo di Antonella Lombardi che l’illustra, tratto dalla rivista del Centro “A Sud Europa”. Credo che il progetto debba essere materia di immediato e approfondito dibattito e di iniziativa da parte di tutto il variegato movimento antimafia. Per quel po’ che me ne intendo, mi pare che abbia ottima l’idea della creazione all’Inps di un fondo “dedicato”, mentre ho l’impressione, da incompetente, che la gestione di un “tutor” (non c’era una parola italiana?) che garantisca eticità finisca per creare burocrazie e complicazioni. (S.L.L.)  

Un ammortizzatore sociale finanziato con i fondi derivanti dall'utilizzo dei beni confiscati per i dipendenti delle aziende sequestrate ed un tutor che faccia da garante etico verso terzi per le imprese che si trovano nella delicata fase di 'bonifica'. Sono i punti salienti di una proposta presentata a Palermo dalla Fillea (Federazione italiana lavoratori legno edili e affini) e dalla Cgil nella campagna organizzata in collaborazione con il centro Pio La Torre contro l'illegalità nel settore delle costruzioni.
Insieme con l'osservatorio 'Edilizia & Legalità', presieduto da Pier Luigi Vigna, la Fillea ha proposto il rafforzamento dei protocolli con le parti sociali e le istituzioni locali contro la ''complessita' di alcuni procedimenti e i limiti nella gestione delle aziende confiscate che spesso seguono un copione prestabilito - ha detto Maurizio Calà, segretario generale Cgil Palermo. Le aziende sequestrate grazie alla legge Rognoni La Torre (n. 646 del 1982) sono 4.417, di cui 3.130 dal 2006 al 2010. Il 70 per cento delle aziende appartiene al settore delle costruzioni ed i lavoratori interessati da questi provvedimenti sono decine di migliaia. La Fillea ritiene che tutti i dipendenti, dal giorno del sequestro, debbano essere posti sotto uno specifico ammortizzatore sociale - ha dichiarato Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale Fillea - per questo chiediamo la modifica dell'articolo 2 della legge 109 del 1996, per sostituire l'attuale iter che prevede il parere del Prefetto ''per ragioni di sicurezza e ordine pubblico'' con un iter che faccia capo all'autorità iudiziaria ''per ragioni di mafia''.
Secondo la proposta formulata da Fillea e Cgil, l'amministratore giudiziario, dopo avere presentato domanda alla sede Inps competente nel territorio per la copertura salariale, dovrebbe dare comunicazione al Prefetto ed attivare il confronto sindacale previsto dalla normativa. La cassa integrazione dovrebbe inoltre avere una durata pari al periodo di svolgimento degli atti giudiziari per interrompersi, invece, nel momento in cui l'azienda ricomincerebbe ad avere una propria vita economica anche durante il periodo del sequestro.
Per finanziare un ammortizzatore sociale, utilizzando le risorse derivanti dai beni confiscati Fillea e Cgil chiedono la costituzione di un fondo Inps apposito. Per dare attuazione alla proposta ''l'agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati sottoscriverà con le organizzazioni sindacali più rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro un accordo nazionale per definire compiti e responsabilità del tutor''.
Le aziende confiscate (secondo i dati forniti dall'Agenzia nazionale sui beni sequestrati e confiscati nel corso della giornata di studi) alla criminalità organizzata sono 1.377, le aziende in gestione da destinare, per lo più inattive, sono 232, il 16,8 per cento del totale confiscato. Nel 2010 sono state 54 le aziende confiscate. Per l'84 per cento rientrano in tre categorie principali: società a responsabilità limitata (643), imprese individuali (325) e società in accomandita semplice (199). La regione più interessata è la Sicilia, dove si concentra il 37,6 per cento delle aziende, seguita dalla
Campania (19,6), Lombardia (14,2), Calabria (8,2) e Lazio (8). Le aziende che sono uscite dalla gestione controllata sono 431, pari al 31,3 per cento del totale. Per 250 di loro è stata ottenuta la cancellazione dal Registro delle imprese; per 123, invece, è stata conclusa la procedura di scioglimento e messa in liquidazione. Le restanti, che rappresentano il 4,2 per cento del totale uscito dalla gestione, sono riconducibili alla fattispecie della vendita (45) e della revoca della confisca (13). ''Le prime criticità che l'amministratore giudiziario deve affrontare - ha detto Dario Caputo, dirigente dell'Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati – riguardano il blocco dei finanziamenti da parte delle banche e la rarefazione delle commesse, fiorenti fino al giorno prima del sequestro''.
''Un'altra criticità è rappresentata dalla mancanza di professionalità adeguate, non sempre individuabili nella figura tradizionale degli amministratori giudiziari - spiega Serena Sorrentino, segretario nazionale della Cgil -. Ma, per ovviare a questo, si sta puntando ad una migliore qualificazione, attraverso i rapporti con le università''. Sul fronte dei rapporti bilaterali l'agenzia è attiva con l'Argentina e, a livello comunitario, con la Commissione europea. In particolare è in programma a Roma la visita di una delegazione argentina per arrivare alla firma di un protocollo d'intesa con le autorità per avviare forme di collaborazione sull'utilizzo dei beni confiscati.
Tra le situazioni patrimoniali che producono reddito e che rientrano tra i beni in carico all'Agenzia nazionale dei beni confiscati, sono stati citati il 'Lido dei ciclopi' di Catania e la società 'Strasburgo srl' di Palermo. Particolarmente complesso risulta, invece, il sequestro dei beni riconducibili a Massimo Ciancimino, il cosiddetto 'tesoro'. ''Si tratta di investimenti finanziari, beni intestati a persone fisiche e compendi aziendali per un valore che oscilla tra i 300 e i 500 milioni - si legge nella relazione dell'Agenzia nazionale beni confiscati - Una parte delle quote societarie e' stata individuata in Italia, ma l'asset di maggior valore economico risulterebbe controllare un enorme volume di affari che investe il ciclo dei rifiuti e delle discariche presenti in Romania, compresa una delle più grandi in Europa (40 metri di profondità per 150 ettari di estensione) attraverso la 'Sirco spa', società holding oggi svuotata e la società di diritto romeno 'Agenda 21'''.
“Le vicende giudiziarie che continuano a coinvolgere esponenti politici siciliani sollecitano l’adozione di norme anticorruzione più efficaci - ha detto Mariella Maggio, segretaria generale della Cgil Sicilia - E questo non solo per quanto riguarda la politica ma anche per la pubblica amministrazione, entro la quale il malaffare può assumere la forma della continuità. Mentre il politico passa, il burocrate resta: combattere la corruzione nella politica è importante ma lo è altrettanto farlo - sottolinea- nella pubblica amministrazione, per rompere la continuità di eventuali illeciti''.

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