Tra le lettere a “La Stampa” del 20 aprile 2011 ho trovato questa di un insegnante, diretta al presidente del consiglio, che mi è sembrata esempio di dignità morale e civile indignazione.
Liceo-ginnasio statale "Eschilo" di Gela. Anno scolastico 1972-73 Il preside Nicolino di Fede con un folto gruppo di insegnanti |
Non sono in vendita, caro presidente del consiglio. Ho una dignità che il suo denaro non può comprare. Ho una libertà di pensiero troppo grande per essere ospitata nella sua casa delle libertà. Insegno ciò che so e ciò che vale. La cattedra non è una ribalta per sketch, non è uno spazio pubblicitario. E quando parla di me e della scuola, lo faccia con rispetto. Sono un servitore dello stato, non uno che si serve dello stato. Ricopro un incarico pubblico per merito e con onore. Ho cura dei miei alunni. Non lascio che si scorga mai la mia preoccupazione per il loro futuro revocato, nè che traspaia la mia vergogna per la classe politica che abbiamo e tanto meno la pena per una scuola pubblica abusata dal suo livore, dai tagli punitivi, dalle diffamazioni reiterate e immotivate. Si rassegni. Sarà pure uno straordinario affabulatore, il principe di seduttori, ma non ha niente, proprio niente, che mi piaccia. Se questo basta per essere comunista, ebbene sì, lo sono.
Prof. G. Pignatelli
Bravissimo! Bella questa lettera! Sono arrivata qui tramite Liquida e sono contenta di aver "incontrato" un degno servitore dello Stato .
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