15.6.11

Il poeta assassinato. Neruda come Garçia Lorca?

Più di un anno fa ho “postato” su questo blog un ricordo della morte di Neruda, usando il titolo di una bella canzone di Aznavour: Quando morì il poeta.
In quel breve pezzo mi chiedevo se un poeta possa morire per “colpo di stato” e mi rispondevo con un problematico sì. Oggi una notizia dal Cile mi spinge ad aggiornare quel testo e a usare un altro titolo d’autore. Il poeta assassinato, da Guillaume Apollinaire, questa volta. Il Partito comunista cileno, infatti, sulla scorta di nuove testimonianze, ha chiesto l’apertura di una inchiesta sulla morte di Neruda e un giudice, trovando la richiesta fondata, ha riaperto il fascicolo. Sull’argomento riprendo un articolo da “La Stampa” del 7 giugno 2011, di Gian Antonio Orighi. (S.L.L.)
Tra le sue migliaia di vittime, il defunto dittatore Augusto Pinochet potrebbe annoverare anche l'assassinio di Pablo Neruda: il premio Nobel della letteratura 1971 sarebbe stato freddato con una iniezione letale. La voce circola da anni, ma per la prima volta la magistratura di Santiago del Cile ha deciso di avviare un'inchiesta ufficiale dopo una denuncia del partito comunista cileno, di cui il poeta, scomparso a 69 anni, era l'esponente più prestigioso e famoso. Il giudice che ha aperto il caso è Mario Carroza, già noto per aver aperto un altro fascicolo al fine di stabilire, con tanto di autopsia, se si è ucciso o è stato eliminato, a poche ore dal golpe dell'11 settembre '73, anche il grande amico di Neruda, il presidente socialista Salvador Allende. Il pm fa sul serio, e ha richiesto non solo il certificato medico di morte, ma anche la scheda clinica dell'autore di Residenza sulla terra, ufficialmente defunto il 23 settembre '73, 12 giorni dopo il colpo di Stato, per un «aggravamento del cancro alla prostata», nella clinica Santa Maria di Santiago.
In un Cile che sta facendo i conti con un passato di morti mai chiarite fino in fondo (ben 727, tra cui quella dell'ex presidente democristiano Eduardo Frey, pure lui deceduto, nel 1980, nello stesso ospedale dove morì Neruda), l'ipotesi dell'assassinio di Stato conta due testimoni. Il primo è Manuel Araya, 65 anni, ex autista e assistente personale del poeta. Il secondo è l'ex ambasciatore messicano in Cile ai tempi del Frente Popular di Allende, Gonzalo Martinez. Subito dopo il golpe, Neftali Ricardo Reyes (il vero nome di Neruda, pseudonimo tratto dal nome dello scrittore ceco degli Anni 20 Neruda Jan), diplomatico di carriera, era già prostrato per il cancro che lo affliggeva fin dai tempi in cui era ambasciatore di Allende a Parigi, nel '71, e che l'aveva convinto a tornare in patria per farsi curare.
Finora la tesi più in voga era che la malattia avesse accelerato il corso anche a causa del dolore per la perdita dell'amico presidente e della libertà nel suo Paese, mentre le orde di Pinochet mettevano a ferro e fuoco la sua casa di Santiago, bruciando anche buona parte dei libri. Ma le testimonianze capovolgono completamente questa ricostruzione. «Portammo Neruda in clinica per ragioni di sicurezza, perchè era in pericolo. Era preoccupato e nervoso, temeva per la sua vita, ma di salute stava bene», assicura Araya. Che poi spiega come i killer della dittatura militare lo fecero fuori: «Il poeta ci disse, quando fummo a visitarlo, che era entrato un medico il quale gli aveva fatto una inezione allo stomaco. Era il 22 settembre. Neruda si spense il giorno dopo». L'ex autista non era solo, era accompagnato da Martinez, che conferma le buone condizioni fisiche del cantore di Venti poesie d'amore e una canzone disperata. Il poeta stava per scappare dal Cile grazie al presidente messicano Echevarria, che aveva incaricato il suo ambasciatore di fare l'impossibile per portare Neruda e la moglie, Matilde Urrutia, al sicuro in Messico. Tutto era pronto, ma il poeta ritardò la partenza di due giorni e morì in questo intervallo di tempo. «Pinochet ordino' di ucciderlo perchè non scappasse all'estero, evitando cosi' che si trasformasse nel leader dell'opposizione al regime dei militari», aggiunge Araya. A sorpresa, la Fundacion Pablo Neruda, che cura il suo lascito culturale, si è schierata contro l'apertura del caso. In un comunicato il portavoce prende le distanze: «Non ci sono prove che sia morto per una causa diversa da quella del cancro avanzato di cui soffriva. Non ci sembra ragionevole costruire una nuova versione della morte basata nelle opinioni del suo ex autista». Ma il Pcc ribadisce: «Pensiamo che sia un dovere morale ineludibile questa nostra denuncia alla magistratura. C'è un dubbio legittimo sulla presunta morte naturale». La salma di Neruda, che giace nella sua amata Isla Negra, sarà riesumata. Che strano il destino: anche Federico Garcia Lorca, il grande poeta spagnolo amico del Nobel cileno, venne ucciso, fucilato dagli sgherri di Franco, il modello di Pinochet, all'inizio della Guerra Civil. 
Gian Antonio Orighi
"La Stampa", 7 giugno 2011

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