7.7.11

Il Psi al tempo dello stalinismo. Rodolfo Morandi contro Riccardo Lombardi

Rodolfo Morandi
Nel 1975 “Mondo operaio”, la rivista mensile del Psi, al tempo diretta da Federico Coen, affidò a Giampiero Mughini la cura di uno dei suoi “quaderni” dal titolo Il revisionismo socialista. Mughini aveva chiuso un paio di anni prima la sua “Giovane critica” dichiarando: “Amendola mi ha convinto, lascio la nuova sinistra astratta e parolaia, mi iscrivo al Psi”. Era diventato uno degli intellettuali di area socialista che con più audacia lavoravano a un rinnovamento delle tematiche, del linguaggio, dello stile di lavoro, su una linea liberaldemocratica e di autonomia dai comunisti. Il nume tutelare del gruppo era Norberto Bobbio, il più brillante della compagnia era un altro reduce della “sinistra estrema”, Paolo Flores D’Arcais, con cui Mughini avrebbe scritto due anni più tardi un pamphlet di successo, Il piccolo sinistrese illustrato.
L’antologia di Mughini è ben costruita: brevi e dense introduzioni con molto spazio ai testi, quasi tutti del periodo 1955-1962, gli anni di distacco del Psi dal frontismo e di preparazione del centro-sinistra. Gli autori più scelti sono, ovviamente, Nenni e Lombardi, in tempi diversi alfieri dell’autonomismo socialista, ma non mancano sorprese: uomini di lettere come Calvino, Cassola e Fortini, eretici come Bianciardi o Panzieri, intelligenze critiche di sinistra come Basso, Foa e Libertini. Tutti revisionisti, ciascuno a suo modo.
La prima sezione, quella da cui ho ricavato buona parte delle notizie e dei testi utilizzati per questo post, è dedicata a Una lontana polemica ed ha al centro due figure di peso nella storia del socialismo italiano: Riccardo Lombardi  e Rodolfo Morandi. Le vicende narrate sono una sorta di antefatto, riferendosi al periodo tra il 1948 e il 1949.
Dopo la sconfitta del 18 aprile il Congresso del Psi, svoltosi a fine giugno, aveva visto la sconfitta di Nenni e Basso che avevano mostrato propensioni “fusioniste” e la vittoria della componente che, con varie sfumature, sosteneva l’autonomia socialista, soprattutto dal Pci. Ne era anima principale Riccardo Lombardi, un ingegnere di origine siciliana e provenienza giellina e azionista, ma non mancava una componente più moderata, guidata da Romita, più favorevole a un avvicinamento rapido del Psi alla maggioranza governativa incentrata su una Democrazia cristiana fortissima e orientato verso la riunificazione con il filoamericano Psli di Giuseppe Saragat.
A Lombardi, che pagava in questo modo il peccato originale del suo “azionismo”, fu assegnata soltanto la direzione dell’ “Avanti” e negata la segreteria, che fu invece destinata a una figura più sbiadita, Alberto Jacometti. Il 48 fu anno terribile: dopo le elezioni del 18 aprile l’attentato a Togliatti, i moti di luglio, i morti nelle piazze, gli arresti dei militanti di sinistra, specie comunisti. Alla tenuta della sinistra in queto scontro durissimo contribuì fortemente il mito dell’Urss e di Stalin: il riscatto veniva affidato più che alla lotta delle masse alla vittoria militare e  all’avvento di “Baffone”. Nenni e Morandi, nel Psi, erano anch’essi dell’avviso di “serrare le file” in una sorta di arroccamento, e il secondo usava il suo grande prestigio intellettuale e i suoi rapporti con l'apparato per recuperare forze al “frontismo” e sottrarle agli autonomisti.  
Riccardo Lombardi, nell’articolo di fine anno sull’ “Avanti!”, Prospettiva 49, lamentava invece il “funesto irrigidimento di massicci blocchi contrapposti”, stigmatizzava una lotta politica che in Europa e in Italia tendeva già a diventare guerra civile a bassa intensità. Il direttore dell’ “Avanti!” dichiarava pertanto la contrarietà socialista a ogni “imbarbarimento del costume”, optando per una realizzazione delle istanze popolari affidata allo “sforzo autonomo e rivoluzionario delle masse” e non alla “pressione politica e militare dell’Unione Sovietica”.La replica di Rodolfo Morandi, pubblicata da “La Squilla”, un settimanale socialista di Bologna, ha un titolo che è tutto un programma, Insensibilità di classe  e un incipit durissimo:
Siamo ormai abituati allo snobismo intellettualistico del direttore dell’ “Avanti!”. Ma per quanto di grosse ne abbia dette sulla lotta di classe, non era mai arrivato a tali enormità. Va bene che l’ideologia di partito sia diventata da qualche tempo una cosa piuttosto elastica, non per questo però è lecito a colui al quale è affidato il giornale ufficiale di partito di far scempio dell’ABC del marxismo, avendo finanche l’audacia di offendere nei suoi più radicati sentimenti la classe operaia. Compagno Lombardi, la tradizione di combattimento del nostro partito, la fiducia profonda nell’Unione Sovietica, che ha sempre alimentato le masse dei nostri militanti, esigono il tuo rispetto.
L’accusa è di avere sostituito al bagaglio ideologico del socialismo italiano quello di Giustizia e Libertà e del socialismo liberale. L’articolo si conclude con un appello a Jacometti, segretario del Psi:
Diventano questioni serie queste, di quelle che non si sciolgono che davanti a un congresso, dando la parola al partito.
L’autodifesa di Lombardi sull’“Avanti!” del 18 gennaio 1949 è altrettanto dura:

Per Morandi tutto ciò che ho scritto è eresia, tradimento, insensibilità di classe, denigrazione della classe operaia e perfino follia.
L’articolo – dichiara Lombardi - era stato scritto proprio
al fine di reagire contro le illusioni rese manifeste dallo slogan popolare ha da venì Baffone, che vela posizioni analoghe a quelle di coloro che attendevano la liberazione dal fascismo dalle truppe alleate e intanto esaurivano il loro antifascismo nelle barzellette o nell’ascoltazione di “Radio Londra".
Se Morandi denunciava una deviazione ideologica, l’accusa è qui di attendismo. Lombardi, in questo secondo articolo, fa di più: denuncia una concezione militaristica e partitica del socialismo e propone una diversa prospettiva, quella di tipo consiliare:
Per noi la rivoluzione operaia intanto esiste in quanto riesca a distruggere lo stato borghese strumento dell’oppressione di classe e a sostituirgli gli strumenti nuovi della democrazia proletaria; e non già quando mantiene le forme e gli strumenti del vecchio stato illudendosi di padroneggiarli e di adattarli a fini diversi da quelli per cui vennero creati e con cui hanno reciprocità indissolubile. Ecco perché la fase “sovietica”, la fase di diretta democrazia popolare, è fase necessaria ed ineliminabile pur  nella varietà di forme che essa può assumere. La costituzione dei consigli operai, di contadini, di soldati non può essere sostituita da nessuna parata di truppe “liberatrici”… Per Morandi invece la lotta di classe sembra ormai configurarsi ed esaurirsi nella lotta fra l’Unione Sovietica e gli stati capitalistici, nel corso della quale le battaglie dei diversi proletariati nazionali perdono d’importanza …”.
Più ragionata e meno tranchant è l’ulteriore replica di Morandi che denuncia come capitolarda ogni posizione che tenda a separare la politica dei socialisti italiani da quella dell’Unione Sovietica e come snobistica ogni ironia sul mito di Baffone.
Nell’immediato la posizione vincente è quella di Morandi. Nel Congresso di Roma, che si svolge nel maggio del 1949, vince la mozione di Nenni. Gli autonomisti di destra guidati da Romita si separano e fanno un loro partitino (il Psu) in attesa di unificarsi con Saragat nel Psdi. Nenni è eletto segretario del Psi e Morandi, a capo dell’organizzazione, tenta, con qualche effimero risultato, una stretta organizzativa di tipo leninista.

1 commento:

  1. complimenti per la ricostruzione.
    essendo oramai vecchio sono in grado quasi di testimoniare gli eventi che hai narrato che sono veri ma c he possono essere spiegati anche da altri punti di vista. Il PSI aveva appena subito una scissione a destra organizzata da Saragat e dalla Cia e l'irrigidimento ideologico di Rodolfo Morandi massimo custode del Partito si spiega come una forma di difesa del partito e delle sue ragioni ideologiche e morali di sopravvivenza. Non molti anni dopo Rodolfo Morandi al sesto convegno nazionale giovanile socialista dichiarava: "Disponiamo noi oggi di esperienze capaci di modificare le latitudini dottrinarie del socialismo". Era il preannunzio della critica ad una politica troppo schiacciata sul PCI e sull'URSS che pure aveva il suo grande valore di difesa della classe operaia nel periodo della cortina di ferro- Morandi mori nel 1955 venti giorni dopo il suo memorabile discorso di Perugia e nel gennaio del 56 si celebrava la primavera del PSI con il distacco dal frontismo ed il distacco definitivo dell'URSS.
    Io votai a Venezia per Nenni e per l'autonomismo ma non è detto che non avessi torto e che sarebbe stato meglio restare rigorosamente nel campo del socialismo reale.
    Per la cronaca. L'unico stalinista del PSI era il generale Giusto Tolloy, responsabile di organizzazione, che faceva pubblicare un periodico dal titolo "l'attivista".
    Nel 56, nonostante il Congresso di Venezia, era ancora tanto forte il peso ideologico del rapporto con l'URSS che io fui quasi espulso dal PSI per avere prodotto ad Agrigento un manifesto dal titolo: "Solidarietà con la gioventù magiara" con il quale mi schieravo dalla parte degli insorti ungheresi (sbagliando).
    Ti abbraccio
    Pietro Ancona

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