29.8.11

Il digiuno di Trappeto e la mafia. Una lettera di Vittorini a "L'Espresso"(1956)

Elio Vittorini
Danilo Dolci, in Sicilia, ispirandosi a Gandhi inventò e promosse già negli anni 50 forme di lotta sociale non violenta. Suscitò qualche clamore il digiuno collettivo di massa, organizzato in un luogo pubblico e aperto come la spiaggia di San Cataldo, nelle vicinanze del paese di Trappeto. Le forze dell’ordine  cercarono di impedirne lo svolgimento. Il 6 febbraio del 1956 Elio Vittorini inviò la seguente lettera al direttore de “L’Espresso”, il settimanale che era nato l’anno prima e a quel tempo era diretto da Arrigo Benedetti. (S.L.L.)
La spiaggia di San Cataldo a Trappeto (Pa)
Leggo nell’ultimo numero dell’Espresso il servizio di Carlo Falconi sul digiuno dei mille siciliani di Trappeto, Balestrate e Partinico. Vi leggo che la polizia ha impedito loro, con uno spiegamento di 500 uomini, di farlo in pubblico sulla spiaggia detta di San Cataldo. Ma non vi leggo contro che cosa in particolare Danilo Dolci e i suoi "mille" volessero protestare con quel digiuno. Invece è importante dirlo. Lungo la costa a ponente di Palermo ha luogo con maggiore insistenza che altrove, e con effetti molto più gravi, la pratica criminosa della mafia di mare, e cioè dei motopescherecci che pescano "a traino", o addirittura a mezzo di esplosivi, nelle acque di poco fondo prossime alle rive. A causa di tale pratica, che peraltro distrugge il pesce appena nato e pregiudica ogni giorno di più le possibilità future della pesca in generale, i pescatori poveri dei villaggi costieri, con le loro piccole reti da superficie e con delle barche a remi che non consentono loro di cercarsi un compenso in altomare, si trovano ridotti letteralmente alla fame. La legge proibisce ai motopescherecci di pescare nelle acque costiere. Ma i padroni dei motopescherecci di Castellammare, Palermo, ecc., non hanno mai tenuto conto di quello che la legge proibisce. Né sembra che le autorità locali abbiano mai fatto un serio tentativo di imporre il rispetto della legge ai padroni dei motopescherecci. Danilo Dolci voleva, col digiuno suo e dei mille che gli sono associati, protestare appunto (nell’interesse dei pescatori poveri) contro i padroni dei motopescherecci che non rispettano le leggi sulla pesca. Ed ecco le stesse autorità che tollerano ogni giorno la trasgressione affamatrice della mafia marittima, mettersi d’impegno per impedire, con ben 500 uomini di polizia, che le vittime di quella trasgressione ne denunciassero, digiunando in pubblico, lo scandalo.

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