26.9.11

La chiamavano Trinità. "Signorinette" con la maiuscola (Wanda Bontà)

Si ritrovarono alla prima colazione e dopo una breve preghiera si gettarono sul latte e sul pane. Poi in gonnella pantaloni nera e camicetta di un biancore smagliante, si avviarono verso lo spiazzo delle esercitazioni.
In un silenzio così perfetto che si sarebbe sentita volare una mosca, le ragazze si schierarono in due manipoli, mentre Iris, a un cenno della Comandante si avvicinava al porta bandiera infisso al terreno. Un piccolo scatto alla corda, e a poco a poco, come una fiamma che divampa a mano a mano che morde il legno, il vessillo si elevò e si allargò alitante nel sole, contro il cielo di cristallo. Ritta presso la bandiera, irrigidita sull’attenti, la fanciulla sentì dilatarsi nel petto una gran fiamma di gioia: le pareva di essere alta come una montagna, forte come un albero, calda e pura come una fiaccola votiva.
“Che tu sia benedetto Iddio; e tu, Patria mia; e tu pensami, mamma cara, e senti come sono felice”.
In questi tre pensieri quasi incoscienti, Iris aveva espresso la meravigliosa Trinità della Vita: il Cielo, la Terra propria, la Famiglia.
E dinanzi a lei, investite della stessa commozione, le ragazze immobili, con gli occhi fissi allo sventolio della bandiera, parevano baciate da un sacro vento che facesse volgere tutte le corolle di un giardino verso il sole.

Da Wanda Bontà, Le signorinette nella vita, Edizioni Mani di fata, 1943.

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