14.9.11

Lingua e civiltà dei maya. Nelle grotte di San Bartolo (Guatemala) gl'inizi.

Grotte di San Bartolo (Nord del Guatemale), Un affresco murale
Con un articolo di Maurizio Molinari “La Stampa” del 25 gennaio 2006 dava notizia di nuove, importanti scoperte sui maya e sulla loro antica civiltà cominciate dal 2001. Prima la grotta di San Bartolo, stata scoperta nel 2001 nel Nord del Guatemala da una spedizione internazionale di archeologi, guidata dall'americano William Saturno, dell'Università del New Hampshire: circa cinque ettari di terreno sui quali si trova un complesso di rovine, dove spicca una piramide alta oltre 24 metri. Nella grotta è disseminata di incisioni e disegni che descrivono scene di vita e costumi dell'antica civiltà dell'America Centrale. Scavando sotto il complesso della piramide nella giungla gli archeologi si sono imbattuti nel più antico esempio conosciuto di scrittura maya, 10 geroglifici disegnati su pietra e gesso risalenti a circa 2300 anni fa, 100 anni prima circa degli altri dipinti della grotta. Uno dei geroglifici, secondo la prima interpretazione costituirebbe la vecchia versione della parola «ajaw» ovvero «colui che governa», collegherebbe pertanto le scritture alla monarchia. Un intervista a Saturno di Paolo Mastrolilli, spiega il significato e il valore del complesso delle scoperte. (S.L.L.)
I geroglifici maya ritrovati nella grotta di San Bartolo
"Abbiamo portato alla luce il loro latino"
Conversazione di Paolo Mastrolilli con l'archeologo statunitense William Saturno
«Stavamo cercando sculture maya, ma ci eravamo persi nella giungla del Guatemala. Eravamo a due giorni di strada dal primo posto civilizzato e a 20 chilometri di distanza dalla nostra macchina. L'acqua e il cibo stavano finendo. Per riparami dal sole, entrai in un tunnel. Una volta dentro, accesi la torcia, e vidi l'incredibile: i dipinti e le iscrizioni maya più antichi e belli che fossero mai stati scoperti». Non e' un brano dalla sceneggiatura del prossimo film su Indiana Jones, ma il racconto dell'archeologo della University of New Hampshire, William Saturno, su come nel 2001 aveva accidentalmente trovato il sito archeologico di San Bartolo.
Professore, ci siete arrivati davvero per caso?
«Direi grazie ad una serie di decisioni sbagliate. Avevamo scelto male il posto, perché le guide ci avevano spinto ad andare in quella direzione mai esplorata. Quando abbiamo capito che non c'era nulla, sarebbe stato saggio tornare indietro. Ma in quelle situazioni si comincia ad andare avanti 100 metri, poi altri 200, finché non ci si ritrova fuori dal sentiero per 20 chilometri. A quel punto la fortuna ci ha aiutato».
Che cosa significa la scoperta di San Bartolo? «Che la civiltà maya è più antica di quanto pensassimo, e più complessa ed evoluta. E' come se prima d'ora nessuno avesse saputo che in Italia c'era stato il Rinascimento: conoscevamo bene il design moderno, ma nessuno sapeva che era esistito Michelangelo».
I dipinti sono a un livello cosi' alto?
«Qualcuno li ha definiti la Cappella Sistina dei maya. Io sono di origini italiane e non mi spingerei così lontano, però sono sorprendenti per due motivi. Il primo è l'età: risalgono al 100 a.C. (mentre i geroglifici sono del 300-200 a.C.) e, quindi, sono molto più antichi di qualunque opera maya scoperta prima. Il secondo è il contenuto. Rappresentano la creazione del mondo da parte degli dei e stabiliscono la discendenza dei re dalle divinità. Gli dei dividono il pianeta in quattro angoli che corrispondono ai punti cardinali, segnati da altrettanti alberi. Davanti a ciascuno fanno sacrifici: un pesce dove c'è l'acqua, un cervo dove c'è la terra, un tacchino dove c'è l'aria e fiori nel quarto punto, a significare gli elementi. E' una cosmogonia che mette la civiltà maya sullo stesso piano di quelle dell'Occidente. Cambia interamente la nostra valutazione dell'America precolombiana. Del resto già gli atzechi consideravano i conquistadores spagnoli come degli incivili, e non avevano tutti i torti: la loro capitale in Messico aveva 200 mila abitanti, mentre la più grande città in Spagna, Siviglia, ne aveva 15 mila». Che cosa dicono i testi che avete scoperto? «Anche questo è un mistero che cerchiamo di decifrare, perchè le iscrizioni sono ancora più antiche degli affreschi. Alcune parole sono comprensibili, come quella con cui i maya indicavano i re. Altre sono ignote. E' come se noi contemporanei avessimo conosciuto prima l'italiano e poi il latino. A San Bartolo abbiamo trovato il latino dei maya e ora dobbiamo interpretarlo». Continuate gli scavi? «La camera con i dipinti misura quattro metri per nove, mentre il sito è grande un chilometro quadrato. Ho in progetto di lavorarci cinque anni, ma non basterà: le sorprese maya sono appena cominciate». 







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