30.9.11

Rappresaglia! 1861: i bersaglieri dei Savoia peggio della Wermacht.

Molto opportunamente per i 150 anni dell’Unità d’Italia “La Stampa” ha affidato a Maurizio Lupo, un giornalista capace di una efficace divulgazione storica, un quotidiano riquadro, ove si ricorda un evento accaduto esattamente 150 anni prima. La rubrica si intitola “Accadeva il…”.
Nella prima metà di agosto molti pezzi sono stati dedicati alla guerriglia borbonico-contadina antiunitaria e alla feroce repressione guidata dal Cialdini. Una delle pagine più nere e orribili è la rappresaglia ordinata dal generale contro i paesi di Casalduni e Pontelandolfo che si erano ribellati e avevano poi favorito l’uccisione di quarantuno militi sabaudi. A giudicare dalle testimonianze riportate (e confermate in molti accurate indagini di storici) diedero prova di maggiore barbarie i piemontesi nella conquista del Sud che non i militari del III Reich nella guerra mondiale. Qui riporto due articoli del 12 e del 13 agosto. Nel primo si dà conto della preparazione, anche “psicologica”, dei soldati piemontesi, nel secondo si parla del “tremendo castigo” inflitto. (S.L.L.)

Accadeva il 12 agosto 1861
Per Casalduni 900 giustizieri 
Il maggiore del Regio Esercito Carlo Melegari lunedì 12 agosto 1861 viene convocato dal generale Maurizio De Sonnaz a Napoli. Su ordine del generale Cialdini, comandante di tutte le truppe italiane nel Mezzogiorno, gli affida la guida di 400 bersaglieri. Dovranno marciare su Casalduni, nel beneventano, dove la popolazione locale, affiancata da ex militari borbonici, ha massacrato 41 soldati sabaudi. Una seconda colonna di 500 uomini è affidata «al tenente colonnello Negri», la cui identità oggi è ancora controversa. Certo però il suo compito: puntare su Pontelandolfo, paese poco distante, dov'è incominciata l'insurrezione. Melegari e Negri sono informati che «il Generale Cialdini desidera una punizione esemplare». Agli uomini della spedizione viene detto che vanno a «fare giustizia». Sono letti loro i giornali che parlano di «atti della barbarie più feroce» compiuti dagli insorti sui loro commilitoni: «Mutilazioni, lapidazioni, soffocazioni, squartamenti, abbruciamenti». Si carica così la rabbia che animerà uno degli eccidi più odiosi compiuti in nome dell'Italia. Il movimento delle truppe non sfugge agli insorti borbonici. Le cronache governative dell'epoca dicono che, in previsione dello scontro, provvedono allo sfollamento dei paesi che saranno investiti dal «tremendo castigo». «Qui è rimasto - spiegano - chi ha scelto di resistere». Sarà la tesi per giustificare la totale distruzione delle due comunità ribelli.

Accadeva il 13 agosto 1861
Alle fiamme i paesi ribelli 
E' pronto «il tremendo castigo» da infliggere ai comuni di Pontelandolfo e Casalduni (Benevento). Il generale Cialdini vuole che paghino il massacro di 41 soldati italiani, uccisi nelle due comunità ribelli, occupate da bande filoborboniche. Il maggiore Carlo Melegari la sera di martedì 13 agosto 1864, con 400 bersaglieri, circonda Casalduni. Il tenente colonnello Negri con altri 500 uomini cinge Pontelandolfo. L'assalto in tarda notte. Le prime luci dell'alba il 14 agosto illumineranno un massacro. Il piano è semplice: chiudere tutte le uscite dei paesi, aprire fuoco di copertura, quindi incendiare le case, salvo quelle poche dei filo-governativi, segnalate da infiltrati. Al divampare delle fiamme, quando gli abitanti escono per sfuggire al rogo, vengono abbattuti. Così descriverà la strage il tenente Cariolato, presente all'assalto di Pontelandolfo: «Subito abbiamo iniziato a fucilare, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese, di 4.500 abitanti. Quale desolazione... non si poteva stare d'intorno per il gran calore; e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case. Noi invece durante l'incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava». Quante le vittime? Il giornale «Il Popolo d'Italia» ne conta 146. Altre fonti, consultati i «libri dei morti» delle parrocchie, ne annoverano 900.

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