10.9.11

Salvatore Giuliano e gli Stati Uniti.I primordi della mafia globale (G.C.Marino)

Salvatore Giuliano
Vari indizi inducono a sospettare qualcosa di molto serio ed inquietante nei misteriosi collegamenti – sui quali si possiedono notizie certe e documentate – intercorsi tra autorevoli personaggi americani e il “re di Montelepre”.
Con quali fini il torbido giornalista Michael Stern, ex maggiore dell’esercito americano, probabile agente delle CIA e comunque uomo dei servizi segreti, nonché trafficante in proprio di armi, aveva intessuto i suoi personali rapporti di “amicizia” con il bandito? Tutte le testimonianze – apartire de quella fondamentale resa dal bandito Giovanni Genovese – concordano nel riferire che Giuliano, alla vigilia della strage di Portella della Ginestra, ricevette un’importante lettera e che, dopo averla letta in disparte, disse ai suoi uomini: “E’ venuta l’ora della nostra liberazione, bisogna fare un’azione contro i comunisti, bisogna andare a sparare contro di loro”.
Non è stato mai possibile accertare chi fosse il mittente di quella lettera. Dopo la sua cattura, nel corso del processo di Viterbo, il bandito Pisciotta, però cadendo in non poche contraddizioni, l’avrebbe attribuita a Scelba, che certo non era uomo da esporsi direttamente al ricatto di un fuorilegge.
Resta il fatto che la lettera di per sé non era un’invenzione e che qualcuno doveva averla scritta. Essa assume un rilevante valore indiziario per la credibilità della pista americana se si dà credito alla testimonianza resa da un altro bandito, Pasquale Sciortino: si sarebbe trattato di una missiva proveniente d’oltreoceano e comunque, senza alcun dubbio da ambienti statunitensi, contenente promesse e indicazioni circa un possibile espatrio del Giuliano in Usa.
Sulla questione, qualche anno dopo, nel ’51, sarebbe stato molto più esplicito un altro bandito, tal Epifanio Ajello: avrebbe attribuito la paternità della lettera – contenente espliciti incitamenti a compiere atti terroristici contro i comunisti – a una nostra vecchia conoscenza, il colonnello Charles Poletti.
Inoltre, costituiscono altrettanti indizi nella medesima direzione i numerosi interrogativi ai quali la stessa Commissione parlamentare d’inchiesta non è riuscita a dare risposte per l’inspiegabile sparizione della documentazione ufficiale che avrebbe forse consentito di fare luce sui fatti.
In che cosa si concretizzò l’attività spionistica svolta in Italia da numerosi gangster siculo-americani? Quale fu, in particolare, il ruolo attribuito al rimpatriato Lucky Luciano? Chi favorì e attuò. e con quali specifiche finalità, l’espatrio negli Usa di pasquale Sciortino, cognato e luogotenente di Giuliano? Come il lavorìo spionistico-mafioso fu coordinato con la complessiva strategia anticomunista della politica americana in Italia?
C’è da aggiungere che non è certo possibile interpretare in chiave ideologica la decisa scelta filoamericana di Salvatore Giuliano. Il bandito era un ragazzotto semianalfabeta che sapeva poco o niente di comunismo e di anticomunismo.

Postilla
Il brano è tratta dall’ottima "Storia della mafia" di Giuseppe Carlo Marino, Newton Compton, 1998. La ricostruzione del professor Marino tiene in particolare conto i lavori di Giuseppe Casarrubea, il primo - credo - ad aver superato taluni tabù storiografici.
Il brano si riferisce alla mafia siciliana del secondo dopoguerra, ma accade spesso le mafie siano ottimamente inserite nella politica internazionale, coccolate e alimentate da governi democratici e legalitari, specie prima, durante e dopo guerre definite umanitarie o di liberazione.
Qui siamo ai primordi di quella che lo stesso Marino chiama Globalmafia  nel suo omonimo recente saggio (Bompiani 2010). Se si studiano i più recenti casi del Kosovo o della Bosnia, tanto per fare degli esempi, non è difficile ritrovare perfezionati gli stessi oscuri intrecci che la storiografia più avvertita intravede nella Sicilia del secondo dopoguerra.

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