28.10.11

“Eugenetica di genere” in India: la scomparsa delle bambine (di Paola Desai)

In India cominciano a circolare i primi dati preliminari del censimento nazionale 2011, e «quello più scioccante è che nel gruppo di età tra 0 e 6 anni il numero di bambine ogni 1.000 ragazzi è appena 914, meno ancora delle 927 registrate nel censimento del 2001», fa notare la giornalista e attivista Kalpana Sharma sul quotidiano «The Hindu». Che così riporta l'attenzione su una delle più terribili violenze mai perpetrate verso il genere femminile: la scelta di non farle nascere. Infatti, nessun dato biologico giustifica che in una società ci siano tanti più bambini che bambine - di solito è proprio il contrario. Se le femmine tra zero e sei anni sono meno dei maschi è per una scelta deliberata, un pregiudizio profondo che porta le famiglie a preferire figli maschi. Non che questo sia prerogativa indiana (ne sappiamo ben qualcosa nella vecchia Europa), ma in pochi altri paesi al mondo questo si traduce della pratica diffusa di sopprimere le bambine prima che nascano, con un aborto «selettivo» - o di discriminare quelle che hanno la ventura di nascere e avranno meno chances di ricevere cibo e cure rispetto ai loro fratelli. Così le bambine indiane continuano a «scomparire», secondo l'espressione usata vent'anni fa dall'economista Amartya Sen.
Ciò che è ancora più scioccante, scrive Kalpana Sharma, è che nei dieci anni trascorsi dall'ultimo censimento il tasso di alfabetizzazione femminile in India è salito, e il gap tra istruzione femminile e maschile si è ridotto. Non solo: l'India è diventata più benestante, la crescita economica dell'ultimo decennio ne ha fatto una nazione «emergente», la classe media si è ampliata. Ma questo non ha migliorato lo status delle donne nella società, né il «valore» attribuito a una figlia, a quanto pare. Al contrario: la "ratio" femmine-maschi in alcuni dei distretti più prosperi del paese è addirittura più bassa della media nazionale.
Diverse leggi in India puntano a impedire la selezione del sesso del nascituro. Kalpana Sharma ricorda che la prima legge del genere è stata varata esattamente 25 anni fa nello stato del Maharashtra, con capitale Mumbai, risultato di una campagna «dal basso» lanciata dal movimento delle donne. Allora in tutto il paese proliferavano laboratori che pubblicizzavano il test dell'amniocentesi in modo esplicito: «meglio 500 ora che 50mila più tardi», meglio spendere 500 rupie per evitare una figlia femmina che 50mila rupie quando dovrai farle la dote. Oggi è più usata la sonografia, meno invasiva, ma la cosa non cambia. Così nell'87 Mumbai, e nel '94 in tutta l'India, le leggi hanno vietato ai medici di rivelare il sesso del nascituro, così che l'informazione non sia usata per eliminare le bambine. Nel 2003 la legge è stata emendata per renderla più efficace. Invano, come dimostra l'ultimo censimento. E non basterà rafforzare le leggi, scrive Kalpana Sharma, «finché l'animo delle famiglie resta così avverso alle bambine». Non solo: «Bisogna chiedersi se la crescita economica e lo status delle donne nella società siamo necessariamente legati», e pare proprio di no. Ecco un aspetto sconcertante della modernità. Infatti, sarebbe rassicurante pensare che una tale violenza contro le bambine sia un retaggio del passato, destinato a scomparire man mano che la società diventa più benestante, istruita, moderna. O non sarà piuttosto, conclude Kalpana Sharma, che «la disponibilità di denaro invece rafforza atteggiamenti regressivi? O altrimenti, perché le bambine continuano a scomparire?».
da “il manifesto” 21.04.2011

Postilla
Immagino che molti di noi, persone della sinistra occidentale, femmine e maschi, vivendo in paesi in cui il pregiudizio contro le femmine non si esprime attraverso aborti che ne impediscono la nascita, restiamo interdetti di fronte al paradosso di siffatte notizie. Propendiamo, quasi tutti, per la “libertà di scelta” della donna in relazione a gravidanze indesiderate e, generalmente, consideriamo un progresso il fatto che ci siano esami in grado di avvisarci non solo sul sesso ma anche su altre caratteristiche genetiche del nascituro, giacché la conoscenza anticipata previene il male e prepara il meglio. Eppure dal combinato disposto di una libertà e di un progresso si produce sorta di “eugenetica di genere”. Sollecito riflessioni, femministe e non femministe. Io non so che cosa dire. (S.L.L.)

Nessun commento:

Posta un commento