16.11.11

1930. A Marta Abba da Berlino. Dalle lettere di Luigi Pirandello

Il 18 novembre 1989 “la Repubblica” dedicava il supplemento letterario “Mercurio” alle donne di Luigi Pirandello. Il racconto delle sei donne importanti nella vita del drammaturgo girgentano era stato affidato alla penna di Luciano Lucignani. A corredo della trattazione vi si trovano brani di lettere di Pirandello alle sue attrici. Tra i frammenti epistolari riportati due sono diretti a Marta Abba, l’amore senile del maestro, forse casto, forse quasi casto, di certo intenso, entusiastico. E’ il 1930, Pirandello è a Berlino a sperare e a inseguire riconoscimenti, Marta è in tournée, in Sicilia. La situazione determina curiosi effetti di straniamento. “Posto” qui due brevi passaggi, diversi: il primo legato alle difficoltà e alle speranze del lavoro mantiene immaginazione ed espressione a un livello di medietà; il secondo più ancorato all’introspezione trascorre dalla depressione alla esaltazione. In entrambi la nostalgia, l’aspirazione a un ritorno alla Sicilia, a Girgenti, al pino del Caos, alla “vecchia bicocca dove sono nato”, sentito come impossibile. (S.L.L.)
Luigi Pirandello con Marta Abba
Berlino, 6 aprile 1930
Finalmente oggi è spuntato un po' di sole. E io mi son seduto dopo tanti giorni al mio tavolino da lavoro, su cui questo po' di sole batte, per prendermelo. Chissà quanto Tu ne avrai costà a Messina! Come vorrei essere anche io in Sicilia! Questa estrema mia vita è tutta fondata ormai su estreme speranze, di cui non posso nemmeno parlare... Ma la forza del mio lavoro non le farà crollare. Ne ho pensato uno nuovo che ha per titolo Quando si è qualcuno. (...) Tu mi dici di rimettermi ora sereno alle mie occupazioni. Mi sono provato questa mattina e non ho potuto. I Giganti della Montagna sono qua, a mezzo, sulla mia scrivania, ingombra di carte. M' è entrato ora nella mente il diavolo di Quando si è qualcuno. Sabato, qui daranno intanto come ripresa Sei personaggi in cerca d' autore. Rimandarla, non è più possibile, perché non bisogna contrariare il fervore dei giovani, ché, anche qui, come dappertutto mi vogliono bene. Bisogna vedere in che folla accorrono al teatro, dove si rappresentano i Sei personaggi.

Berlino, 24 maggio 1930
Sono rimasto a lavorare tutta la notte. Alle tre ho cominciato a vedere ai vetri delle due finestre dello studio la prima trasparenza dell'alba, come un mistero che provasse a rivelarsi, da lontano lontano, incerto se la rivelazione si sarebbe poi interamente compiuta. Le case nere dall' altra parte della grande piazza di Lutzof parevano profili di monti su quel primo chiarore; e io ho avuto non so perché di quest'alba lo stesso sentimento che ebbi di un' altra, ormai tanto remota che mi s'affacciò dai vetri di un finestrino di treno, mentre viaggiavo, e lontano, a l'orizzonte, c' erano ancora nere alcune colline. Un sentimento di misteriosa e profondissima pena. Pena per tutta la vita condannata ogni giorno a ridestarsi dal sonno smemorato della notte. Il beneficio del sonno mi era questa notte negato; e il viaggio... non era tutto un viaggio, senza arrivi, senza requie, la mia vita? Qua seduto, davanti alla scrivania, in una casa straniera, lontana, io senza più casa sulla terra, senza più un letto mio su cui dormire…
C' era sulla scrivania Questa sera si recita a soggetto, lasciata lì senza fine da tanto tempo, e l' ho finita in quattr' ore di fervidissimo lavoro. La vittoria deve essere nostra, per forza. Dobbiamo vincere per forza, vincere con l' opera, vincere col valore, vincere con l'orgoglio e la costanza, e non arrendersi. Lasciami ritornare in Italia; debbo pur ritornare; ritornare dopo aver vinto qua in pieno, così nel film come a teatro, con un grande successo che mi ridia tutto il prestigio nel mio paese; quello che mi servirà per combattere e per vincere ancora e definitivamente. Animo! animo! animo! La febbre è ancora sui trentotto; ma la minaccia di una polmonite pare ormai scongiurata. Chi s'è spaventato meno sono io. Questa lettera ti arriverà a Palermo. Seguiterai il giro in Sicilia? Se Ti avvenisse di toccare per qualche giorno Girgenti, salutami il pino del Caos, e la vecchia bicocca dove son nato. Forse non li vedrò mai più.

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