Lo chiamavano Kojak. Allora era un seguace di Cossutta, nostalgico tra i nostalgici di Brezhnev, un caratterista che oscillava tra l’attore e il guardaspalle, tra il cameriere e l’imbecille, incapace perfino di fondere codesti caratteri nella maschera del “servo sciocco”.
Dopo il 92 ha percorso una carriera luminosa: deputato, dirigente politico, parlamentare europeo. Ora che la pacchia è finita (ma i vitalizi no) sta costruendo un movimento per costruire un “nuovo partito comunista”, ma antico nel cuore. In alcuni suoi interventi di fb dice di voler fare i conti con il “revisionismo krusheviano”, ma da quel po’ che si capisce e che lui stesso capisce non lo fa per ribellismo maoista, ma per lo spirito gregario tipico degli stalinisti. Pur sentendosi ora un “grande dirigente” ha bisogno di obbedire, se non altro a Peppino Stalin; altro che “Ribellarsi è giusto” come soleva dire Mao.
Questo tomo ebbe ruoli ufficiali importanti soprattutto nel ridicolo partitino che fu prima di Cossutta e poi divenne di Diliberto: lo mandavano persino a dire cavolate in Tv con tono mellifluo; ma il suo momento di massimo fulgore effettivo lo ebbe quando il pinguino col colbacco di Sesto San Giovanni lo scelse per fare la testa d’ariete nella liquidazione politica di Sergio Garavini.
Era la primavera del 93: s’era svolto il primo turno delle amministrative in alcune grandi città. A Milano e Torino Rifondazione comunista si avvicinava al 15 per cento ed era di sicuro il primo partito operaio. Garavini, col suo passato di sindacalista e la sua vicinanza a Berlinguer nelle grandi battaglie del lavoro perdute negli anni Ottanta anche per gli accomodamenti di Lama, era il punto di riferimento del voto operaio, la figura di sicuro affidamento, uomo di cultura, di apertura, ma anche di concretezza. Su “Liberazione”, che era ancora diretta da Luciana Castellina, Garavini aveva aperto un dialogo, con Ingrao, con il movimento sindacale, con i socialisti che non volevano distruggersi insieme a Craxi (si era nel cuore di Tangentopoli).
A Kojak dissero: “Va avanti tu, che a noi viene da ridere”; e Kojak andò avanti. Era convocato un Comitato centrale (in realtà si chiamava Comitato Politico Nazionale) e Kojak alzò la voce: “Garavini ha un brutto carattere, non lascia spazio a nessuno”.
All'inizio gli andarono dietro alcuni colbacchisti, ma a sorpresa intervenne Libertini, che di scontri interni e rotture aveva lunga esperienza. Non era ancora consapevole del male che se lo sarebbe portato via in pochi mesi; ed anche per questo, forse, diede la stura ai suoi istinti peggiori: Garavini non aveva un brutto carattere, ma addirittura un pessimo carattere e ciò lo rendeva inaffidabile.
Alcuni “garaviniani” tacquero, l’Ersilietta, il Cuffaro: magari pensavano “vuoi vedere che è il turno nostro”. Gli ex Dp, non importa se leninisti come Vinci o movimentisti come Russo Spena, dissero: sì, ha un cattivo carattere, la nostra esperienza non ha avuto adeguata valorizzazione. Sergio chiese una sorta di voto di fiducia, ma la votazione fu rinviata a dopo le elezioni. Per non creare sconcerto tra i compagni – si disse.
Il secondo turno delle comunali andò in maniera pessima: Fava perse con Bianco a Catania, Dalla Chiesa perse con Formentini a Milano e, perfino a Torino, Diego Novelli perse con Castellani appoggiato, oltre che dal Pds, dagli Agnelli e da tutta la destra. Qualche giorno dopo, la congiura si compì con il voto – di misura - contro Garavini. L'ipotesi della costruzione di una sinistra larga, aperta e rinnovata, radicata tra gli operai e nella storia del Pci, era stata sconfitta. Cossutta & C. disponevano finalmente di un partitino in cui organizzare qualche carriera per guardaspalle, portaborse, figlie e nepoti - o almeno così pensavano.
L’ometto col colbacco fu finalmente contento: lui era di cultura “partitista”, ideologica e istituzionale (da una parte Lenin e la Russia, dall’altra il parlamento, le amministrazioni locali, gli enti di secondo livello eccetera, ove fare “gioco” politico) e un comunista radicato nel mondo operaio come Garavini non lo sopportava più. Discussero cosa fare per la successione. Dissero che era più all’altezza dei tempi uno come Bertinotti, sindacalista anche lui, sì, ma telegenico e metaforico, postmoderno e postindustriale soprattutto. Lui non avrebbe avuto la testa sempre alla fabbrica come Garavini ma si sarebbe districato con eleganza nei salotti televisivi: da Costanzo era già un protagonista.
L’intenzione era di fare di Bertinotti un “re Travicello”; ma appena entrato il raffinato segretario provvide a una rapida “epurazione”. Nei primi mesi della nuova segreteria, tuttavia, si vedeva spesso Kojak vicino al nuovo segretario. Si pavoneggiava: sei qui grazie a me che ho fatto la testa d’ariete.
se la millesima parte dell'odio che i comunisti dedicano ai comunisti fosse destinato ai nemici avremmo vinto la partita da lunghissimo tempo. E' ripugnante sfruttare i "difetti" fisici delle persone per farne delle macchiette.
RispondiEliminaPietro Ancona
Ripugnante lo scherzare sulla calvizie di un tipo paragonandolo a un detective televisivo umano e intelligente? Mah! Ripugnante a me sembrò e tuttora pare il cinico attacco scatenato contro Garavini da quel signore che oggi ce l'ha colo povero Khrushev, uno che conosco solo di vista e ricordo nella ceka del pinguino col colbacco. Veramente ripugnante. A freddo. Nel momento in cui il partito conosceva il suo più grande successo e non si aveva il coraggio di sfidare la linea antistituzionalista, di radicamento sociale, sostenuta da Sergio Garavini. C'era odio in quell'uomo? Non lo so se gli stalinisti odino, forse i loro atti di killeraggio che comprendono la calunnia sistematica, la distruzione morale dell'avversario, la menzogna organizzata, non nascono da odio, ma da amore per il partito, per la causa e dalla paura del pensiero. Il pensare per le chiese è il peccato più grave, luciferino.
RispondiEliminaE' ripugnante anche la rilevata somiglianza di Cossutta coi pinguini? Io se mi dicono ippopotamo non provo ripugnanza, caso mai provo a mettermi a dieta. In ogni caso Cossutta è di per sè una macchietta, e lo era già prima che facesse il paio con Cuccia in "Quelli che" ...