4.1.12

La morte negli occhi. L'ultimo amore di Cesare Pavese (Lorenzo Mondo)

Dalla bella biografia di Lorenzo Mondo, Quell'antico ragazzo. Vita di Cesare Pavese (Rizzoli, 2006) riprendo una paginetta molto intensa, ben costruita e ben scritta. Racconta l’amore che ispirò Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, le altre 7 poesie italiane e le 2 inglesi composte nei primi mesi del 1950. Pavese morirà nell'agosto di quell'anno, suicida in una camera d’albergo. (S.L.L.)
Nel Capodanno del 1950, tra i tanti personaggi veri e fittizi che rendono convulsa la vita di Pavese, fa la sua apparizione Constance Dowling. Conosce lei e la sorella Doris nella casa romana di Giovanni Rubino e della moglie Alda Grimaldi. Alda, chiamata familiarmente Dada, si è diplomata al Centro sperimentale di cinematografia e ha lavorato con Luchino Visconti ai dialoghi del film Ossessione. Ha esperienza di montaggio e doppiaggio e spera di fare strada nel cinema. Il marito, ex partigiano, è medico del lavoro. Sono amici torinesi di Cesare che, nonostante la conoscenza recente, manifesta con loro una certa assiduità. Tanto da infilarsi talvolta nella Topolino di Giovanni per accompagnarlo alle visite di controllo degli operai Fiat che si trovano a casa in malattia.
Le due attrici americane, ospiti di riguardo in quel Capodanno, vivono da qualche anno a Roma, cercano il successo nella capitale del Neorealismo cinematografico. Uguali le ambizioni, diverso il loro profilo artistico. In patria, la fortuna è stata avara con Constance. Ha avuto qualche parte in musical non memorabili, si ricorda appena la sua comparsa in Così vinsi la guerra accanto a Danny Kaye. L'avvenenza, usata spregiudicatamente, non basta a compensare una recitazione rigida, impacciata. Deve la notorietà nell'ambiente hollywoodiano alla passione infuocata che l'avvinse, per un decennio, a Elia Kazan, attore e poi regista di grande talento. «Come animali nella stagione della caccia o come due criminali tallonati dalla polizia» , fanno l'amore dovunque si presenti l'occasione e la smania, nei camerini di teatro, in una stradina fra i grattacieli, sul tetto di casa, dietro i comignoli. Kazan, che si sente letteralmente posseduto da Constance, ne lascerà, ormai vecchio, un ritratto grondante di erotismo: «Io la vedo ancora dritta davanti a me, i suoi piccoli seni solidi, le gambe perfette, il ventre tondo e sensuale come quello delle donne rappresentate nelle pitture del Rinascimento italiano. E vedo il suo cespuglio segreto e profumato. Amo i suoi occhi quando la bacio. Il mio piacere è guardarla quando la possiedo». E' tra le braccia di questa donna voluttuosa e svezzata che Pavese si prepara a gettare la sua vita.
La sorella di Constance, Doris, ha interpretato film importanti (Giorni perduti di Billy Wilder, La dalia azzurra di George Marshall) e in Italia ha appena ricoperto un ruolo di spicco in Riso amaro di Giuseppe De Santis, insieme a Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Raf Vallone con il quale intrattiene una relazione. Continua invece a mostrarsi piuttosto incolore anche in Italia la carriera di Constance.
Pavese non sembra, sulle prime, essere particolarmente impressionato dalla conoscenza delle due sorelle. Proprio quel 1° gennaio affida al diario il ricordo dell'inverno «stupendo» del '45-'46, del breve ma intenso legame con Bianca («sotto il sereno frizzante le bacche di Leucò»). Soltanto a Torino, ripensando alla loro bellezza e disinvoltura mondana, forse alla loro seduttiva civetteria, si chiede se non abbia «perduto una grande occasione di fare sciocchezze». L'occasione si ripresenta, con la sola Connie, e prende un tono diverso, ben lontano da una semplice avventura, da un fugace appagamento, come converrebbe al corteggiatore intraprendente che Pavese finge di essere e non è. Ai primi di marzo, Doris scrive ai Rubino che la sorella è esaurita dal troppo lavoro, ha bisogno di una vacanza. Gli amici le propongono di mandarla a Torino, la porteranno in montagna, a Cervinia. E per trovarle compagnia telefonano a Cesare, «che sa l'inglese». Capelli castano chiari, occhi luminosi e franchi, carnagione dorata, Cesare non tarda a scoprirsene innamorato. Fa pace con la detestata montagna, contemplando prima dell'alba la «stella diana, larga e stillante sulle montagne di neve». Ma non riesce a vincere «l'orgasmo, il batticuore, l'insonnia», mentre si prepara a compiere, incoraggiato da lei, il «passo terribile». Lo assilla il timore dell'impotenza, e nello stesso tempo si chiede se non stia «scambiando per valori umani dei semplici condimenti di distinzione, glamour, avventura, haut monde»; se non agisca in lui anche questo inopinato, e tutto umano, ritrovamento dell'America. Eppure, superate le difese psicologiche, il «passo» viene compiuto, a Cervinia e a Torino, lasciando un Pavese estasiato dall'«incredibile dolcezza» di Connie.
Ma il 17 Constance è già tornata a Roma. Cesare le scrive, confessa di amarla con il tremore e la dedizione di un ragazzo, promette di lavorare per lei. In effetti, due giorni dopo, le manda un soggetto cinematografico, Le due sorelle, che dovrebbe essere adatto anche per Doris. E' solo un abbozzo, ma non dubita di fare meglio impadronendosi della «sintassi cinematografica» di cui non ha esperienza. Le due sorelle è una storia che risente fortemente del cinema neorealista allora in voga, di cui ripete figure e situazioni esemplari. Un malavitoso è amato da una ragazza che, incapace di redimerlo, lo abbandona. E per proteggere la sorella che si è infatuata di lui, lo denuncia ai carabinieri che lo abbattono durante un tentativo di fuga. Constance e Doris si illudono di imboccare, con l'appoggio di uno scrittore affermato, la strada maestra del cinema italiano. Le attese sono spropositate. Pensano di coinvolgere Maurice Chevalier, Jean Gabin e, come regista, Vittorio De Sica.
Connie da Roma tace, non risponde alle sue lettere. Cesare immagina perfino che la situazione internazionale, insieme al turbolento scenario italiano che registra scontri tra poliziotti e dimostranti, possa contribuire a staccarla, a farla tornare oltre Oceano. Come in altri momenti di depressione rispunta l'idea del suicidio: «Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla». Connie si fa viva solo per dirgli, con degnazione, che non può vederlo subito. Ad aprile, Cesare si lascia intravedere a Roma, nella hall dell'albergo dove lei alloggia, mentre esita a lungo, per ore, prima di chiamarla. E' un pomeriggio e, in quell'attesa ansiosa, scrive la poesia T'was only a flirt (che porta la data dell'11 aprile). Ci sarà anche una cena a due, avvolta dalla tristezza per la partenza imminente di Connie per New York…

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