25.1.12

Trotzkij, il soviet, il partito (di Marcello Flores)

Del soviet, di quello che il soviet rappresentava e di quello che ancor più avrebbe potuto essere Trotskij fu il portavoce e l’emblema, l’incarnazione stessa. Non fu solo in memoria del ruolo da lui svolto nelle ultime settimane della rivoluzione del 1905 che nel settembre del 17 egli venne eletto presidente del soviet di Pietroburgo, da una maggioranza ormai dominata dai bolscevichi. Tu in nome della sua convinzione, profonda e tenace, che al soviet apparteneva il futuro della Russia, che i soviet avrebbero dovuto essere il perno istituzionale della nuova società, il centro del nuovo potere.
Se era amato soprattutto dai senza partito, più dai soldati e dai marinai rivoluzionari che dagli operai, Trotskij era riuscito a conquistare la fiducia e il rispetto della maggior parte dei bolscevichi. Della base, che vedeva in lui l’unica figura di spicco dell’universo non bolscevico che era stato capace di mutare le proprie opinioni e di avvicinarsi all’avanguardia del proletariato; di Lenin e di pochi altri dirigenti che ne avevano intuito le capacità, apprezzato la sincerità dei propositi, riconosciuto la convergenza degli obiettivi. Trotskij, dal canto suo, colpito dalla insipienza degli altri partiti e preoccupato del clima di anarchia, abbandonò repentinamente le antiche diffidenze che fin dai primi del secolo aveva manifestato contro il sostitutismo (il partito che si sostituisce alla “classe”,n.d.r.) e contro l’autoritarismo che aveva contrassegnato la breve vita del partito bolscevico. Proprio quelle qualità e quei caratteri con cui aveva aspramente polemizzato in passato gli sembravano adesso un utile contraltare alla disgregazione sociale, alla incapacità di decisione, alla carenza di una strategia lineare e alla mancanza di parole d’ordine semplici e mobilitanti, all’insufficienza strutturale di organizzazione che sempre più mostravano tutti i gruppi politici all’infuori dei bolscevichi.
Coniugare il soviet – da cui si era mosso, scoprendolo e valorizzandolo, nel 1905 – con il partito, intuito adesso in tutta la sua portata: questo l’obiettivo perseguito da Trotskij, inverso e simile a quello di Lenin, che aveva costruito la sua vita di rivoluzionario attorno al partito e nell’aprile del 1917 aveva rischiato di metterlo in discussione per puntare invece sui soviet. Una scelta coraggiosa  contraddittoria che permise, nell’Ottobre, di vincere, ma che lascerà aperti negli anni successivi varchi e contraddizioni che trasformarono il bolscevismo in stalinismo.

Da Trotskij, leone disarmato, “latalpagiovedì” de “il manifesto”, 13 settembre 1990.

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