6.2.12

Magnifico, Amplissimo, Chiarissimo (da Nonciclopedia)

In rete c’è una “Nonciclopedia”, che si occupa di “Non libri”. In quel sito è reperibile un Dizionario accademico, in qualche passaggio superficialmente goliardico e tuttavia divertente e capace di incidere. Da lì recupero codesto aneddoto, riferito come origine degli aggettivi “magnifico”, “amplissimo”, “chiarissimo”, utilizzati rispettivamente per Rettori, Presidi, e Professori. L’aneddoto non è il massimo del “politicamente corretto”, ma è godibilissimo. (S.L.L.)

Università di Pisa. Inaugurazione anno accademico 1940 - 41

In occasione della seduta di laurea presso una importante facoltà di medicina in cui si stava per laureare la prima studentessa di sesso femminile (con una dissertazione dal titolo Importanza e vantaggi dell’allattamento al seno per un sano sviluppo del bambino) era stato deciso di sottolineare la particolare importanza dell’avvenimento facendo partecipare alla commissione di laurea, oltre ovviamente al professore relatore, anche il Rettore (pure lui medico) e il Preside della Facoltà.
La giovane laureanda aveva discusso la tesi in modo particolarmente brillante ed era molto emozionata. Le sue forme prosperose, la sua chiara e quasi lattea carnagione, associate al titolo della tesi e a una scollatura non proprio castigata avevano tuttavia suscitato, nella commissione esaminatrice, una serie di risatine represse, sussurri sottovoce, sguardi ammiccanti che, fingendo di guardare alla ponderosa dissertazione poggiata sul tavolo davanti alla commissione, guardavano in realtà un po’ più in là verso qualcos’altro, pur esso abbastanza ponderoso. La giovane laureanda, che non era affatto stupida e di udito finissimo, si rese ben presto conto che a quella commissione di vecchi, non era chiaro se più laidi che scemi o più scemi che laidi, della sua ottima preparazione e della sua eccellente tesi non importava un fico secco. Si rese facilmente conto che anche l’argomento scelto dal relatore per la sua tesi era un modo per prenderla in giro e per ridere di lei. Percepì perfettamente tre espressioni di ironica ammirazione (che non alludevano al suo lavoro poggiato sul tavolo e alle sue doti intellettuali ma a doti di ben altro tipo e a “qualcos’altro” su cui cadevano con insistenza gli sguardi: “Magnifico!” disse il Rettore, con la fronte imperlata di sudore. “Amplissimo!” esclamò il preside di rimando, con la bava alla bocca. “Chiarissimo!” aggiunse con gli occhi lucidi il professore relatore). Per questa ragione la giovane sentì montare dentro di lei una rabbia sorda.
Alla fine della cerimonia, dopo la proclamazione accompagnata da paroloni enfatici e solenni che sembravano sottolineare il “miracolo” di una donna che era riuscita, a dispetto della ovvia infirmitas sexus, a conseguire la laurea, la giovane dottoressa decise di vendicarsi e di fare capire di avere sentito benissimo i commenti salaci che i tre componenti più illustri della commissione avevano espresso verso una parte del suo corpo. Con un gioco di ironie assai superiore rispetto a quello con il quale si era trastullata la Commissione ringraziò i professori lì riuniti per la “straordinaria attenzione” prestata durante la discussione della tesi e, in particolare: “ i tre componenti più anziani di questa Commissione di laurea per i quali l’aggettivo illustre mi pare troppo poco e ai quali esprimerò la mia gratitudine utilizzando tre preziosi aggettivi ricavabili dal latino, la nostra amata lingua madre. Grazie “magnifico” Rettore! Grazie “amplissimo” Preside! Grazie “chiarissimo” professore relatore”. Da notare che i tre babbei, principali destinatari di questo messaggio ironico, non ne capirono affatto il sottile significato (come lo scemo della nota favola al quale viene indicata la luna e che, invece di guardare la luna, guarda il dito che la indica). Anzi furono così contenti per i tre pomposi aggettivi a loro rivolti che decisero di adottarli in futuro per sottolineare i ruoli da loro ricoperti.

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