12.2.12

"Onania". L'Illuminismo contro il sesso solitario (di Emanuele Trevi)


Tiziano Vecellio, Venere
Non c’è da farsi troppe illusioni, con i tempi che corrono. Una netta posizione del Vaticano contro la masturbazione è nell’aria. Quando si esercita un magistero e si possiede un carisma, su certe cose bisognerà pure far sentire la propria voce. Date solo qualche anno a vescovi e a parroci, impegnati a ripassare il latino e a intonare i vecchi successi gregoriani.
Il tema, e le sue pericolose implicazioni, sembra degno di un'enciclica. Del resto, «la signora Pugno e le sue cinque figlie», come le chiamava l'immortale Truman Capote, da secoli possono vantare legioni di fedelissimi nel clero di ogni ordine e grado. E non parliamo delle monache. Sembrerebbe facile anticlericalismo. E invece, è ciò che si impara, tra le tante altre cose, dal dottissimo lavoro di uno storico che insegna a Berkeley, Thomas W. Laqueur, autore di Sesso solitario. Storia culturale della masturbazione (trad. di Monica Luci, Il Saggiatore) […]
Se lo storico insiste sul fatto che la masturbazione rimase tutto sommato «nell'ombra» per secoli, ciò gli permette di rendere ancora più sorprendente la tesi di fondo del suo libro. Che si può riassumere, nonostante la mole dell'opera, in poche parole: l'ossessione della masturbazione e dei suoi «pericoli» è figlia dell'Età dei Lumi, e sorge all'aurora di un mondo inarrestabilmente laico e secolarizzato. Sono i medici e i filosofi, insomma, e non i teologi e i direttori spirituali a fare del sesso solitario una vera e propria emergenza e un vizio a tutti gli effetti. Per dirla tutta, quello dell'onanismo è un peccato laico, e Laqueur è addirittura in grado di datare esattamente l'inizio di questa storia, che intreccia il suo filo, per quanto esile, alla grande trama dei Lumi. È una storia che inizia letteralmente nei bassifondi dell'editoria londinese, attorno al 1712, proprio dalle parti della famigerata Grub Street e della sua rampante e ingegnosa industria editoriale. È da questo mondo che viene fuori un libretto infarcito di erudizione medica presa a prestito e grossolana ciarlataneria da venditore di intrugli. Si intitola Onania, e il vizio solitario, crimine e perniciosa schiavitù di ragazzi e ragazze di ogni ceto, vi appare come la fonte di una decadenza fisica e morale che promette di minacciare le fondamenta stesse della società umana. Le edizioni di Onania si moltiplicano nei primi decenni del Settecento, spesso associate a un ben organizzato commercio di farmaci e rimedi disponibili nelle botteghe degli stessi librai-editori. Sono tirature di tutto rispetto per l'epoca, e presto si aggiungeranno quelle delle traduzioni in tutte le lingue europee, ma quel che più conta, è che le idee fondamentali dell'operetta scalano inesorabilmente i piani alti della cultura, passando per lo studio del celebre dottor Tissot per insediarsi anche nell'Enciclopédia di Diderot.
Come funziona il peccato laico, rispetto al più comune interdetto derivato da una tradizione religiosa ? Ciò che colpisce più di tutto, è la capacità di edificare sul nulla, che trasforma in un'oscura minaccia universale qualcosa che è sempre esistito, senza nessun bisogno di particolari controlli e spiegazioni. La morale e l'igiene vengono mobilitati per creare arbitrariamente uno stato d'emergenza che impone di lanciare l'allarme e indicare rapidamente dei rimedi. Ed ecco che, come per magia, dove esisteva semplicemente una pratica, relegata alla sfera privata della vita, adesso è nata una colpa da sanzionare. In tempi più recenti, e con propaggini di idiozia pseudoscientifica che riempiono i giornali proprio in questi giorni, la guerra alla marijuana sembra avere rinverdito i fasti di questa strategia di controllo mascherata da preoccupazione per il bene comune. E ai tempi di Onania come in quelli delle tabelle con le dosi di stupefacenti, questo «fascismo sorridente», come lo definì una volta Fromm, dichiara immancabilmente di agire a difesa e nell'interesse dei più giovani. Che sono i protagonisti forzati di questa triste vicenda ideologica, la materia prima del cemento sociale.
L'edifìcio che ne deriva è sempre fondato su un numero fisso di pilastri: famiglia e procreazione, lavoro, desideri in eccesso ridotti alla possibilità di consumi uguali per tutti. La paura moderna della masturbazione, che oggi può sembrare una ridicola curiosità storica, possiede invece, da questo punto di vista, il valore di un vero e proprio paradigma. Ciò che fa paura più di tutto nel vizio solitario, infatti, è esattamente il suo essere solitario, e indistricabilmente legato all'immaginazione individuale, che per sua natura è libera da vincoli e interdetti, e pullula di contenuti inconfessabili. Nessuna norma, in fin dei conti, è in grado di piantare i suoi vessilli là dove la solitudine si allea naturalmente al piacere dell'immaginazione e all'immaginazione del piacere: semplicemente, come scrive Proust in una pagina famosa, azionando il chiavistello del gabinetto.
Non è un caso che la sezione più affascinante del saggio di Laqueur è quella in cui la storia della masturbazione si mostra un complemento indispensabile a delineare una psicologia del lettore moderno di romanzi. Perso nel suo ciclo perpetuo di eccitazione e appagamento, questo individuo nutrito di illusione non collabora alla grande macchina del reale, si sottrae silenziosamente ai suoi meccanismi di scambio, afferma un diritto alla sterilità (letterale e simbolica) al quale nessuna pedagogia e nessuna ideologia potrebbe concedere un reale diritto di cittadinanza. Non è, bisogna ammettere, un peccato di poco conto. Si può provare a combatterlo, a liberarsene. Oppure, come le Veneri di Tiziano e Giorgione con la loro manina pigra e lasciva adagiata nel posto giusto, si può aspirare a vivere all'altezza dei propri peccati. Non sta scritto da nessuna parte, in fondo, che la cosiddetta realtà sia cucita con una stoffa tanto diversa dalle illusioni del vizio solitario. Tutti i re, alla fine, sono nudi: anche quelli che bussano, scandalizzati e animati dai migliori intenti, alla porta del gabinetto.

Da Onanista senza Lumi, in “alias” 31 marzo 2007

2 commenti:

  1. salve, a proposito di Giorgione e Tiziano, la Venere all'inizio dell'articolo è quella di Tiziano, non quella di Giorgione. Ciao

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  2. E' verissimo. In dubbio su quale mettere ho sbagliato didascalia. La correggo subito. E domani cambio immagine. Grazie!

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