5.2.12

Ricordo di Carmelo Bene (S.L.L.)

Nell’81 e nell’82 ero abbonato al “Morlacchi”. Avevo un posto in un palco di seconda fila, buono, e spesso veniva meco Annie, che amava salutare il primattore in camerino, dopo lo spettacolo. E mi convinceva a seguirla. C’era un po’ di ressa e un po’ d’attesa, ma alla fine la mia amica riusciva nel suo intento: stringere la mano, esternare l'ammirazione, scambiare due parole.
Lo fece anche dopo l’Otello di Carmelo Bene. Dello spettacolo ho memoria un po’ vaga: mi pare che l’attore stesse accovacciato in una sorta di triclinio ove un panno bianco copriva la massa carnosa, lasciando visibile la sola testa. Credo che, con il corredo della musica verdiana, dell’Otello shakespeariano recitasse una sorta di florilegio, facendo tutte le parti in tragedia, Iago, Desdemona e, naturalmente, Otello. L’impressione per me, che amo il teatro tradizionale, fu di fastidio e di rabbia. Mi chiedevo perché si sprecasse così uno che con la voce poteva fare quel che voleva.
Terminata l’esibizione di virtuosismo, sconsigliai senza successo ad Annie la consueta visita: ma, fallito il tentativo, a malincuore la accompagnai. Non rammento cosa lei abbia detto a Bene; ma costui scorbuticamente (e maschilisticamente?) le rispose: “Tu non comprendi nulla. Questo non è l’Otello! e neanche un Otello! Questo è Otello. Capisci? Otello”. Cosa volesse esattamente dire non l'ho mai capito.  

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