15.3.12

Moderno o barocco? La riscoperta di Gongora (di Giovanni Raboni)

Il barocco letterario spagnolo si riassume nel nome di Gòngora, così come il barocco letterario italiano si riassume nel nome di Marino. Identificazione semplicistica, certo, ma suggestiva e in qualche modo inevitabile, date la statura e l'esemplarità dei due autori. Del resto, oltre ad assorbire in gran parte la gloria della loro epoca, sia Gòngora che Marino ne hanno anche fatto, per secoli, le spese. Durante la lunga disgrazia critica della poesia secentesca, «gongorismo» e «marinismo» sono stati sinonimi di oscurità gratuita, di artificiosità eccessiva se non risibile; e non è detto che, in qualche manuale un po' attardato, non siano usati ancora in questa accezione...
Come osserva Lore Terracini nella sua fine introduzione a questo volume, la riscoperta di Gòngora conosce, nel corso del Novecento, più di un momento cruciale. II primo è segnato senza dubbio dall’entusiasmo con cui Gòngora viene riletto, e assunto a simbolo di modernità, dai giovani poeti spagnoli degli anni Venti, fra i quali Federico Garcia Lorca. Un secondo momento importante, soprattutto per noi, è il lavoro su Gòngora compiuto da Ungaretti a partire dagli inizi degli anni Trenta e sfociato nelle versioni raccolte nel '48 (con accostamento non casuale) in Da Gòngora e da Mallarmé.
Ma, suggerisce la Terracini, ancora in Italia, e proprio in questi anni, stiamo assistendo a una nuova fase dell'interesse per Gòngora; e questa bella traduzione (la prima integrale) delle Soledades, autentico tour de force interpretativo e formale di un poeta fra i più notevoli delle ultime generazioni, Cesare Greppi, ne costituisce un documento assai probante.
Come gli altri capolavori di Gòngora - il corpus dei sonetti e la Fàbula de Polifemo y Galatea - anche questo poema bucolico-allegorico in due parti (ma dovevano essere, nelle intenzioni dell'autore, quattro) è un monumento splendido e impervio di complessità sintattiche, di metafore estreme e vertiginosamente innaturali, di non trasparenza (e, dunque, di assoluta autonomia) della parola. Che siano questi i segnali della famosa «modernità» di Gòngora? Può darsi. Ma oggi forse, entrato in crisi, e forse dissolto per sempre, il concetto stesso di modernità, conviene accontentarsi di considerarli i segnali, le emergenze, gli specifici (e storici) modi d'essere della sua grandezza.

Da "L'Europeo". Sul ritaglio manca il numero, ma l'anno è certamente 1984. 

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