5.4.12

Arafat all'Onu (novembre 1974)

Da “la rivista del manifesto”, che lo pubblicò quasi integralmente nel novembre 2004, immediatamente dopo la morte di Yasser Arafat, riporto un brano del discorso che il leader palestinese tenne all’assemblea dell’Onu il 13 novembre 1974.
La durezza del linguaggio che Arafat fa risuonare nell'aula solenne dell'Assemblea generale dell'Onu non oscura la nettezza con cui viene affermata l'ispirazione laica della lotta di liberazione palestinese e la chiarezza con cui si espone il carattere imperialistico e colonialistico delle operazioni politiche e militari, che diedero vita allo Stato d’Israele. E’ proprio il giudizio storico di Arafat, con le argomentazioni che lo corredano, la parte che ho qui ripreso. Lo faccio in un momento in cui di Palestina poco si dice, ma in cui non è cessata la violenta repressione delle aspirazioni del popolo palestinese all’autodeterminazione. (S.L.L.)
Madri al campo di Ebron - Foto di Tano D'Amico
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Le radici della questione palestinese risalgono agli ultimi anni del XIX secolo, in altre parole a quella che oggi chiamiamo “l'epoca del colonialismo e degli insediamenti”. Proprio in quel periodo nacque il sionismo come programma, con l'obiettivo di portare a termine la conquista della Palestina da parte degli immigrati europei, esattamente come i colonizzatori occuparono, e invasero a mano armata gran parte dell'Africa. È lo stesso periodo in cui, irrompendo fuori dall'Occidente, il colonialismo si diffuse nelle regioni più remote di Africa, Asia e America Latina, costruendo colonie, sfruttando, opprimendo e saccheggiando crudelmente i popoli di questi tre continenti. Quel periodo continua ancora oggi. Si possono individuare le prove lampanti di questa riprovevole presenza nel razzismo praticato in Sud Africa come in Palestina.
Così come il colonialismo e i suoi demagoghi hanno esaltato le conquiste, i saccheggi e gli innumerevoli attacchi contro i nativi dell'Africa, in nome di una missione “civilizzatrice e modernizzante”, così, ondate di migranti sionisti hanno mascherato i loro propositi nella conquista della Palestina. Allo stesso modo in cui il colonialismo come sistema, e i colonizzatori come suo strumento, hanno usato la religione, il colore, la razza e la lingua per giustificare lo sfruttamento dell'Africa e la sua crudele sottomissione mediante il terrore e la discriminazione, sono stati usati gli stessi metodi per usurpare la Palestina e cacciare il suo popolo dalla patria nazionale.
Allo stesso modo in cui il colonialismo ha usato senza scrupoli i miseri, i poveri, gli sfruttati come semplice materia inerte con cui costruire e portare a termine l'occupazione da parte dei coloni, allo stesso modo gli ebrei europei oppressi e in difficoltà sono stati usati per gli interessi dell'imperialismo mondiale e della leadership sionista. Gli ebrei europei sono stati trasformati negli strumenti dell'aggressione; sono diventati gli elementi di un'occupazione colonizzatrice profondamente affine alla discriminazione razziale.
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L'invasione ebraica della Palestina cominciò nel 1881. Prima che arrivasse la prima vasta ondata di immigranti, la Palestina aveva una popolazione di mezzo milione di abitanti, la maggior parte musulmani o cristiani, e gli ebrei erano solo 20.000. Ogni settore della popolazione godeva della tolleranza religiosa caratteristica della nostra civiltà.
Allora la Palestina era una terra verdeggiante, principalmente abitata da un popolo arabo intento a costruire la propria vita e ad arricchire in modo dinamico la propria autonoma cultura. Tra il 1882 e il 1917, il movimento sionista installò circa 50.000 ebrei europei nella nostra terra. A questo scopo, fece ricorso all'astuzia e all'inganno per insediarsi fra noi. Facendo firmare alla Gran Bretagna la Dichiarazione Balfour, rivelò ancora una volta l'alleanza tra il sionismo e l'imperialismo. Inoltre, promettendo al movimento sionista ciò che non era suo, la Gran Bretagna dimostrò quanto fosse arrogante la legge imperialista. Quando fu costituita, la Lega delle Nazioni d abbandonò il nostro popolo arabo, e gli impegni e le promesse di Wilson e si risolsero nel nulla. Sotto la maschera del Mandato, l'imperialismo britannico ci fu imposto direttamente e crudelmente. Il mandato emesso dalla Lega delle Nazioni permetteva agli invasori sionisti di consolidare le loro conquiste nella nostra terra natia. Sulla scia della Dichiarazione Balfour e per un periodo di trent'anni, il movimento sionista riuscì, in collaborazione con il suo alleato imperialista, a insediare altri ebrei europei nella nostra terra, usurpando i possedimenti degli arabi palestinesi. Nel 1947 gli ebrei erano ormai 600.000, e possedevano circa il 6% della terra palestinese coltivabile. Questo dato è da confrontare con quello della popolazione palestinese, che all'epoca contava 1.250.000 abitanti.
Come risultato della collusione tra il potere del Mandato e il movimento sionista e con il sostegno di alcuni paesi, questa Assemblea generale approvò, all'inizio della sua storia, una Raccomandazione per la spartizione della nostra terra palestinese. Questo avvenne in un'atmosfera inquinata da azioni torbide e forti pressioni. Con la spartizione, questa Assemblea generale fece ciò che non aveva il diritto di fare, dividendo una terra indivisibile. Quando respingemmo quella decisione, eravamo nella stessa posizione della madre naturale che rifiutò di lasciare che il Re Salomone tagliasse il figlio a metà, mentre la falsa madre lo reclamava per sé acconsentendo allo smembramento. Per di più, benché la Risoluzione sulla spartizione avesse concesso agli insediamenti dei coloni il 54% della terra palestinese, la loro insoddisfazione li portò a scatenare una guerra del terrore contro la popolazione araba civile. Occuparono l'81% dell'area totale della Palestina, sradicando un milione di arabi. Occuparono 524 città e villaggi arabi, distruggendone 385, in un processo che portò alla loro totale cancellazione. Subito dopo costruirono i loro insediamenti e le colonie sulle rovine delle nostre fattorie e dei nostri boschi.
Sono queste le radici della questione palestinese. La sua origine non risiede in nessun conflitto tra due religioni o due nazionalismi. E non è neppure un conflitto di frontiera tra Stati vicini. È la causa di un popolo privato della sua patria, disperso e sradicato, che vive principalmente in esilio e nei campi profughi.
(Traduzione di Francesca Buffo)

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