10.4.12

Eroi di massa. Umberto Eco contro Veltroni e Adornato

In un articolo su “L’Espresso” del 6 luglio 1986 Umberto Eco rammenta il proprio ruolo di iniziatore nello studio degli eroi di massa (l’analisi di Superman a un convegno nel 1962 su Demitizzazione e immagine con Kerenyi, Ricoeur e Dorfles) e l’assenza dalla propria borsa, in quell’occasione, di molti fumetti “scomparsi nelle maniche capaci di varie tonache ecclesiastiche” e, forse, in quella di Kerenyi stesso, un “uomo diabolico” che scriveva sul dio burlone e “ostentava sorrisi angelici”.
Una porta era stata aperta, per cui più di vent’anni dopo non ci si meravigliava troppo che Laterza (“ricordate l’editore di Croce?” – fa l’Umberto malizioso) pubblicasse – a cura di Ferdinando Adornato, cresciuto nella redazione de “La città futura”, rivista della Fgci – una raccolta di saggi dal titolo Gli eroi di massa, con testi dello stesso Adornato, Letizia Paolozzi, Omar Calabrese, Salvatore Veca, Agnes Heller, Alberto Abruzzese e, tra gli altri, Walter Veltroni, grande promessa del comunismo italiano con solidi agganci nel sistema delle comunicazioni.
Eco del libro valorizza le letture critiche e le collega alle riflessioni dei Quaderni dal carcere (“io direi, citando Gramsci, che molte volte le teorie dominanti si sono ispirate agli eroi della narrativa popolare”); tende a deprezzare invece le letture allegoriche, “quelle che mirano a individuare che cosa il testo dice indipendentemente da quello che la gente vi trova”, in particolare interpretazioni di Adornato (l’ispettore Callaghan) e di Veltroni (Rambo). L’uno e l’altro s’erano già immessi nella china che porterà Adornato a celebrare il panegirico di Berlusconi, esaltando le sue parole “taglienti come lame”, salvo poi rifugiarsi tra le braccia accoglienti di Casini, e condurrà Veltroni alla sua famosa affermazione “anche gl’industriali sono lavoratori”, con la quale regalerà al Parlamento e all’Italia intera la nobile figura del responsabile Calearo, già presidente degli industriali metalmeccanici. Non è male pertanto rileggere (o leggere) più di 25 anni dopo i cauti sondaggi analitici di Umberto Eco, rivelatori di una tendenza che avrebbe portato ai risultati odierni. (S.L.L.)

Adornato e Veltroni con  Pier Paolo Pasoilini
Mi mettono in seria crisi, per esempio, i saggi di Adornato sull'ispettore Callaghan, quello della Magnum 44, e di Walter Veltroni su Rambo. In entrambi i casi abbiamo un esempio di lettura non dogmatica che un intellettuale di sinistra dà di figure mitiche che la vulgata considera di destra. Non riassumerò le intrigantissime analisi di questi autori, e dirò solo che essi si interrogano sulle distinzioni ormai fruste tra destra e sinistra, e cercano in qualche modo di riumanizzare i loro personaggi, e di mostrarne le istanze positive, al di là delle opposizioni frontali. Il problema è delicato.
Queste riletture presuppongono che il fascismo sia rozzo e piatto, e quindi è facile mostrare che Rambo e Callaghan hanno più dimensioni e non sono etichettabili come fascisti, ma semmai come reazionari — che è più nobile, specie oggi. Con il sospetto che il loro reazionarismo sia più umano e progressista del progressismo di tante altre piatte figure alternative.
D'accordo. L'errore è però credere che il fascismo sia piatto. Monicelli ci aveva mostrato molto bene nel suo Un borghese piccolo piccolo che il fascismo può nascere da una esasperazione di sentimenti nobilissimi. Il fascismo è piatto solo nella analisi post-resistenziale, inevitabilmente polemica. Non credo che neppure Starace possa apparire piatto, agli occhi di un buon psicologo.
Il fascismo, come categoria dello spirito, è pericoloso proprio perché nasce da un intrico, inestricabile, di passioni giustificabili. Forse Callaghan e Rambo sono fascisti proprio perché troppo complessi (il loro è uno dei pochi casi in cui vedrei con favore l'intervento di uno psicoterapeuta). Anche Hitler era umano, anzi troppo umano. È l'umanità che è un concetto ambiguo.
Umberto Eco 

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