2.5.12

Guerra ed erotismo. La presa di Costantinopoli (di Silvia Ronchey)

La presa di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453 raccontata dal biografo ufficiale del sultano Mehmet II appare come il risultato di un’erotica seduzione, l’appagamento di un potente desiderio. Riprendo un ampio stralcio dall’articolo di Silvia Ronchey che nel 2007 ne dava conto su “La Stampa” (S.L.L.)

Gentile Bellini, Ritratto di Mehmet II (1480)
[…] Se volessimo indicare il vero inizio della modernità, l'evento che ha cambiato rotta ai traffici mediterranei spingendoli a Ovest, che ha tolto al papato l'antagonista secolare dell'ortodossia lasciando spazio alla Riforma protestante, dovremmo indicare un'altra data: il 29 maggio 1453, quando Costantinopoli cadde in mano ai turchi osmani di Mehmet II Fatih, il Conquistatore. Questo è il giorno che ha inserito violentemente l'Islam nella dinamica geopolitica europea. La data di una caduta o di una conquista, a seconda dell'ottica con cui la si guarda.
«Quando l'ombra dei riccioli scompigliati della notte simile a un indiano scese sulla guancia bianca del giorno, i combattenti della jihad traversarono il fossato e appoggiarono scudi e scale alte come il cielo alle mura delle torri. La battaglia durò fino al mattino, fino a che l'Armata Greca dell'Alba non ebbe irrorato di sangue la piana dell'aurora per contendere la Fortezza Celeste dalle dodici torri al Comandante Negro del Crepuscolo che l'aveva occupata».
Così racconta lo storico turco Tursun Bey nella sua Cronaca del Padre della conquista, il capolavoro della letteratura ottomana antica, di cui esce (nella collana «Islamica» di Mondadori, con il titolo La conquista di Costantinopoli) la prima traduzione italiana integrale, voluta da Pietro Citati e affidata a Luca Berardi. E' incantata, quasi allucinata, la descrizione dell'assalto all'alba del 29 maggio 1453, così crudamente e tragicamente riportato invece da Isidoro di Kiev, uno dei testimoni oculari bizantini, rocambolescamente sfuggito alla strage. La conquista di Costantinopoli fu un trionfo di sangue e di morte, ma l'occhio ottomano la paragona a una seduzione. Fortezza inespugnata, hortus conclusus dietro le altissime mura di Teodosio, nel folto dei suoi giardini, la polis è la «la Città vergine». Per lei il giovane sultano prova un'attrazione fisica, come per una donna desiderata in modo incontenibile. Il simbolismo sessuale ricorre ossessivamente nello strano linguaggio di Tursun Bey, in cui la poesia si mescola alla prosa e il persiano all'arabo e al turco. E' esplicitamente erotica la descrizione stessa della Città: grande fessura profonda tra il Mar Nero e il Mediterraneo, è un immenso organo sessuale femminile «che può accogliere nel suo seno infiniti vascelli, e contiene giardini meravigliosi e odora dei soffi profumati del Nord e del Nord-Est».
Per tutto l'assedio, del resto, il ventenne Mehmet si astiene dai piaceri sessuali. Costantinopoli è «la compagna inseparabile delle sue notti». La prosa di nuovo si contrae in versi: «Spero di espugnarti con il cannone dei miei sospiri». La frenesia di conquista di Mehmet è, a occhi islamici, «provvidenziale» perché ispirata dall'«ordine dell'incomparabile Bontà Divina», motore della storia.
Nella spiritualità islamica, animata dal «grande vento del platonismo», l'ordine divino si traduce, sul piano terreno, in eros mistico, proprio come vediamo l'ordine celeste e zodiacale rispecchiarsi, per Tursun Bey, in uno stato di continuo presagio e di delirio astrologico. Il simbolismo zodiacale, l'attenzione al cielo, alle sue congiunzioni, delineano la topografia e la cronologia dell'assedio, condizionano gli stati d'animo e determinano anche l'azione bellica: «Con zelante fervore in qualche giorno i soldati ottomani ridussero ad appiattirsi al suolo alcune torri, che prima costituivano una linea parallela alla costellazione dell'Ariete».
La struttura dell'accampamento del sultano rispecchia un ordine non solo gerarchico ma anche esotericamente cosmico: «Al centro fu posta la sala del trono, simile al Mondo, adorna come il Padiglione dell'Eden. Le tende dei giannizzeri formavano un cerchio tutt'attorno e la circondavano cosi' come l'alone circonda la luna».
Ancora oggi la bandiera turca rispecchia la congiunzione di necessità provvidenziale e geometria astrale nel cielo di quella notte: una falce di luna calante, com'era il 29 maggio 1453, con accanto la fulgida stella mattutina della sospirata Città. 

“La Stampa”, 16-04-2007

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