Il compagno Pieruccio, maestro diplomato con la vocazione del giornalismo, era negli anni Sessanta appassionato di pornografia.
Erano anni di effervescenza. Tra le collane di libri tascabili settimanali che, sulla scia degli Oscar, si moltiplicavano, più d'una comprendeva testi disseppelliti dagli "inferni" delle grandi biblioteche e c'era persino qualche casa editrice specializzata nel porno.
Pieruccio comprava tutto quello che poteva. Non solo libri economici in edicola o in libreria, ma anche testi che trovava a Roma, nelle bancarelle o nei negozi dell'usato.
A Roma si trovava molto e si comprava bene. Con tutti quei monsignori le biblioteche piene di libri osé non erano rare e i nipoti che le ereditavano sovente se ne liberavano. I bancarellari che acquistavano a metro, dal canto loro, trovavano più commerciabili le porcherie, specie se illustrate, che non le vite di santi (che pure quasi mai sono prive di un sublimato erotismo). Così la biblioteca di Pieruccio comprendeva più di 200 volumi e tra questi non ne mancavano di rari e persino di preziosi, seppure acquistati a poco prezzo.
Ma un bel giorno Pieruccio decise di sposarsi. O forse dovette sposarsi, non so dire. Veniva dalla campagna, dal mondo mezzadrile - come la sposa - e anche per evitare storie scelse, seppure a malincuore, di liberarsi della collezione.
La regalò a un più giovane compagno, uno studente diciottenne, che già prima del Sessantotto imitava il look di Lenin e aveva, addirittura, simpatie troztkiste, Rinaldo. Grande lettore, costui accettò di buon grado il regalo, ma non lo tenne a lungo. Figlio di un funzionario di questura, aveva una sorella più giovane e una madre impicciona: temeva fastidi, se l'una o l'altra avessero scoperto l'inusitata collezione.
Rinaldo pertanto donò i libri a Franco, impiegato e sindacalista nella celebre industria perugina. Costui, non molti anni dopo, divenne presidente della Regione. Non ricorda la sorte dei libri di Pieruccio, è convinto di averli donati alla Federazione del Partito, negli anni in cui ne fu segretario, ma Strapazzotti, che al tempo era funzionario della Fgci, sostiene che libri di quel tipo nella pur ricca biblioteca federale non ci sono mai stati. Chissà chi ha ragione.
La regalò a un più giovane compagno, uno studente diciottenne, che già prima del Sessantotto imitava il look di Lenin e aveva, addirittura, simpatie troztkiste, Rinaldo. Grande lettore, costui accettò di buon grado il regalo, ma non lo tenne a lungo. Figlio di un funzionario di questura, aveva una sorella più giovane e una madre impicciona: temeva fastidi, se l'una o l'altra avessero scoperto l'inusitata collezione.
Rinaldo pertanto donò i libri a Franco, impiegato e sindacalista nella celebre industria perugina. Costui, non molti anni dopo, divenne presidente della Regione. Non ricorda la sorte dei libri di Pieruccio, è convinto di averli donati alla Federazione del Partito, negli anni in cui ne fu segretario, ma Strapazzotti, che al tempo era funzionario della Fgci, sostiene che libri di quel tipo nella pur ricca biblioteca federale non ci sono mai stati. Chissà chi ha ragione.
In ogni caso, arrivato al matrimonio sazio di erotismo libresco, già dalla terza notte Pieruccio non aveva più nulla da scoprire: non si divertiva più e cercava di sottrarsi ai doveri coniugali. Annoiato a morte ripeteva grosso modo il celebre distico di Verlaine : "La carne è stanca. E ho letto tutti i libri".
Molto bello e piacevole questo articolo...uno spaccato di vita e di 'collezionismo privato'. Una domanda sorge però spontanea...dove saranno mai finiti i libri?
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