In una antologia dell’oratoria politica italiana (da Cavour a Berlusconi passando per Giolitti Mussolini, Nenni, Moro e molti altri) dal titolo Parole al potere. Discorsi politici italiani (BUR, 2011), il curatore, Gabriele Pedullà, ferma la selezione al 1994 (l’anno delle prima vittoria del Cav), spiegando come la tecnologia abbia modificato la comunicazione politica e come la forza del mezzo (Tv, Internet eccetera) abbia impoverito il messaggio aprendo la strada al populismo che imperversa nella “democrazia” contemporanea. Aggiunge di avere fondati motivi per credere che l'ideale continuazione dell’antologia, dopo il 1994, potrebbe essere fatta soltanto con un dvd.
Gianandrea Piccioli, che su “Tuttolibri” recensisce il volume il 25 giugno 2011 così commenta: “Probabilmente è ottimista. Parrebbe consono piuttosto alle latrine delle stazioni ferroviarie il regesto del nuovo lessico politico stilato da Fabrizio d'Esposito (pezzo di merda, troia, vajassa, ricchione, frocio, stronzo, pedofilo, culattone, cornuto, palle di velluto e no, handicappata di merda, vaffanculo, orco dio, che le venga un cancro, bocchinari, negro con variante bingo-bongo, la Lega ce l'ha sempre duro, munnezza, pirla, coglioni...), cui si possono aggiungere alcune uscite elettorali del presidente del Consiglio, «sobrie ed eleganti» come le sue cene (una per tutte quella sulla sinistra «sporca e cogliona», che «puzza, si lava poco ed è sempre incazzata»)”.
Caduto Berlusconi, i professori hanno tentato di restaurare un po’ di bon ton, caso mai ricorrendo a teatralismi arcaici come la lacrima sul viso dell’orribile Fornero. Ma il successo crescente di Beppe Grillo ci riporta ineluttabilmente alla latrina. I tecnici, per obbligo contrattuale, le parolacce non le dicono, ma le loro scelte odiose se le tirano addosso. (Della casta dei politicanti nella cosiddetta seconda Repubblica non è neppure il caso di parlare). (S.L.L.)
Mi verrebbe da dire: “Chi non sa parlare, impreca; dove mancano l’etica e la dialettica, si sfoderano, come pugni, le parolacce: sparate a raffica, come proiettili. Per fare rumore e coprire il vuoto, allontanando l’attenzione dalla povertà delle idee… Non credi?
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