1.6.12

Eiffel. Una poesia di Walter Cremonte

Gustave Eiffel
Agli operai che lamentavano
il rischio crescente del salire
ancora più in alto
l’ingegnere rispose che cadere
da metri duecentocinquanta equivaleva
rispetto agli effetti
a cadere da appena quaranta
e che quindi proseguissero tranquilli
senza altre lagnanze.
Al suo nome la torre luminosa
è consacrata.

Da Cosa resta, Perugia, 2001

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